L’accompagnatore dei genitori nello sfondo dell’Evangelii Gaudium

Aprile 2017

Gli orientamenti pastorali di quest’anno prevedevano una rilettura da parte delle comunità cristiane dell’esortazione di Papa Francesco l’Evangelii Gaudium come una sosta che poteva rinfrancare, sostenere e orientare le numerose attività pastorali.

È così che l’Evagelii Gaudium diventa una road map per avere gli indicatori giusti nell’accompagnamento dei genitori trovandone motivo di conferma o caso mai, di verifica.

L’Esortazione afferma che l’annuncio va fatto a partire dalla gioia di un incontro personale che è avvenuto in chi ha fatto l’esperienza in prima persona di Gesù e dice che tale annuncio è per tutti: “tutti hanno diritto di ricevere il Vangelo” per questo la Chiesa e quindi ogni nostra parrocchia, è chiamata ad essere: “casa aperta del Padre” perché “tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte della comunità e nemmeno le porte dei sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi”. (EG 47)”

Essere accompagnatore dei genitori è avere dunque la consapevolezza di essere missionario ma lo può essere solo chi “chi si sente bene nel cercare il bene del prossimo, chi desidera la felicità degli altri” sapendo che «se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita» (EG 274).

E dunque quali sono gli accompagnatori di cui hanno bisogno gli adulti e in particolare i genitori dei ragazzi che stanno compiendo il cammino di Iniziazione cristiana? Sempre nell’Envagelii Gaudium troviamo gli indicatori. Così un accompagnatore deve mettere al centro non tanto il rinnovo degli schemi e strumenti, quanto quello della sua capacità di relazionarsi con gli adulti: “dobbiamo imparare a dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione, che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana” (EG 169). Non ci si deve scoraggiare difronte ai fallimenti: “la fecondità molte volte è invisibile, inafferrabile, non può essere contabilizzata”; dobbiamo sapere “soltanto che il dono di noi stessi è necessario”. (EG 279) Sarà importante dunque per un accompagnatore essere se stesso, senza maschere vincendo la sottile diffidenza che come un cristallo lo separa dai genitori.

Il cristallo si rompe quando un accompagnatore riesce a creare reciprocità con i genitori coinvolgimento e partecipazione sapendo far percepire che dentro la presenza del Signore. Si ha bisogno di imparare anche dai genitori, dalle loro esperienze, dai loro punti di vista, dai loro dubbi, dalla dedizione che ci mettono nell’educazione dei figli. Per tale motivo ritorna la necessità di sapere ascoltare, di aiutare a pensare più che a fargli cambiare idea a tutti i costi. Sarà fondamentale anche invitare i genitori ad esprimersi e a discernere senza usare fretta e avendo calma e pazienza andando oltre le categorie mentali che ognuno di noi possiede e che alle volte non ci permettono di chiamare l’altro con il suo vero nome.

Giorgio Bezze


 Una formazione adeguata per gli accompagnatori dei genitori

Un accompagnatore dei genitori sa che la formazione è necessaria per poter svolgere al meglio il compito che gli è stato assegnato. Comprende che sono necessarie alcune conoscenze di base, sia di contenuti che di metodo, per incontrare altri adulti, ma si accorge che è pure importante che la formazione continui attraverso altre occasioni che lo rendono sempre più abile nell’accompagnamento. Proprio per andare incontro a questa esigenza si sono proposti i corsi di “secondo livello” che affrontano alcuni importanti temi come il sapere gestire le situazioni di separazione, o come proporre un annuncio con l’arte. Il prossimo corso di “secondo livello” approfondirà invece il tema del: “Come dire la Parola di Dio agli adulti”.

Annunciare la Parola di Dio agli adulti presuppone che la Parola sia famigliare nella vita quotidiana di un accompagnatore e che la sappia dire con parole e modi plausibili con la vita dell’adulto. Per questo motivo è di grande importanza la presenza di tutti gli accompagnatori che non hanno ancora partecipato al corso. Il corso si svolgerà in due laboratori di 2 ore ciascuno. Nel primo laboratorio si cercherà di comprendere cos’è la Parola di Dio, quali sono le sue principali caratteristiche e che posto occupa nella vita di ciascun accompagnatore. Nel secondo laboratorio si approfondirà il metodo per sapere leggere la Parola di Dio con gli adulti. Le date e i luoghi del corso saranno martedì 2 e giovedì 4 aprile presso il Centro parrocchiale di Carceri d’Este e di Rubano e la Casa madre delle suore Orsoline a Breganze. Invece martedì 9 e giovedì 11 maggio il corso si terrà presso il Centro parrocchiale di Campolongo maggiore. L’orario di ogni laboratorio è dalle 20,30 alle 22,30. Un ultimo corso si terrà a Gallio presso la Casa di spiritualità Villa Giovanna sabato 20 maggio, in un’unica giornata dalle 10,00 alle 12 e dalle 14,30 alle 16,30. Per ogni corso è necessaria l’iscrizione che va fatta attraverso il modulo presente nel sito: ufficioannuncioecatechesi.diocesipadova.it

GB


IL RITO DELLA CONSEGNA DEL SIMBOLO

Al termine del primo anno del tempo del Primo Discepolato c’è il rito della consegna del Simbolo della fede. La parola “simbolo” (da sym – ballo, mettere insieme due parti distinte) è un termine tecnico per definire il Credo. Esso infatti “mette insieme” coloro che credono attraverso delle parole che siano riconoscibili come propria identità. Esso deriva dall’usanza greca in cui il termine simbolo aveva il significato di “tessera di riconoscimento” per cui due individui, due famiglie o anche due città, spezzavano una tessera, di solito di terracotta, e ne conservavano ognuno una delle due parti a conclusione di un patto. Il perfetto combaciare delle due parti della tessera provava l’esistenza dell’accordo. Era quindi una forma di riconoscimento fra due che avevano tessuto un’alleanza.

Nella Chiesa, avere le stesse parole che esprimono la fede, dichiara la nostra appartenenza a Cristo.

Per questo, ricalcando la prima consegna che viene fatta ai catecumeni dopo quella del Vangelo, diamo il Simbolo (Traditio Symboli): affidiamo ai ragazzi le parole della fede con cui ci si riconosce della stessa “gente che crede”; parole che verranno proclamate ogni Domenica nella celebrazione dell’Eucaristia. Sant’Agostino scrive in proposito: «Dobbiamo provvedere con pia e prudente vigilanza perché tale fede non ci venga intaccata in qualche punto dalle ingannatrici sottigliezze degli eretici. Per questo la fede cattolica è fatta conoscere ai fedeli per mezzo del Simbolo, ed è affidata alla loro memoria, per quanto la materia lo consenta, in un testo molto breve. In tal modo i principianti e i lattanti, cioè coloro che sono rinati da poco in Cristo e che non sono ancora fortificati da una frequentazione assidua e spirituale delle Sacre Scritture e dalla loro conoscenza, sono posti in condizione di credere, con l’aiuto di poche formule, ciò che dovrà poi essere loro esposto con ampi discorsi mano a mano che progrediranno e si disporranno a comprendere la dottrina divina sulla solida base dell’umiltà e della carità».

Questo rito viene celebrato, laddove siano presenti, anche per i bambini catecumeni insieme ai loro compagni.

Proprio perché l’intento non è quello di dare un gadget, ma di vivere una celebrazione in cui la consegna delle parole della fede avviene per coloro che vogliono diventare discepoli di Gesù Cristo, al centro di tutto ci sarà il santo Vangelo e si userà l’Evangeliario, quel libro che raccoglie tutti e quattro i Vangeli e si distingue dai libri liturgici perché durante la celebrazione rappresenta Cristo, come l’altare, il celebrante, il cero pasquale, ecc.

Il rito si svolgerà in una sera delle ultime settimane dell’anno pastorale, durante una Liturgia della Parola: «È bene che il rito si celebri nelle ore serali di un sabato, – in forma vigiliare orientata alla Domenica, giorno del Signore risorto – utilizzando i testi eucologici e le letture bibliche indicati».

Vediamo quindi che non si tiene durante una Messa (così non riduciamo la celebrazione eucaristica al contenitore di tutto), ma durante una celebrazione apposita che saprà un po’ alla volta educare anche chi è lontano dalla fede, all’importanza della Liturgia nella nostra vita.

Il centro dell’azione sarà l’ambone, il luogo sarà in penombra, si useranno ceri e candele per il rito del lucernario, cioè dell’accensione delle varie luci, per esprimere che nel Simbolo della fede noi abbiamo la luce della vita.

Dopo la Liturgia della parola, la consegna avverrà con la “trasmissione orale” del Credo da parte degli adulti presenti: «Carissimi, ascoltate con attenzione le parole della fede che la Chiesa ci insegna e ci affida perché impariamo a conoscere chi è Dio e quanto ha fatto per noi… Accogliete queste sante parole, custoditele nel vostro cuore e imparate, un po’ alla volta, a ripeterle, come noi, a memoria».

Come gli antichi che insegnavano ai figli le tradizioni dei padri, come tutta la tradizione biblica che si trasmise oralmente, così anche noi “ripeteremo ai nostri figli” i fondamenti della nostra fede (cfr Dt 6,7).

La consegna cartacea del testo è solo una espressione visibile di quanto è stato vissuto. Vengono poi nominati uno ad uno tutti i ragazzi perché si sentano chiamati personalmente a vivere la fede che hanno ricevuto.

Elide Siviero


L’Iniziazione Cristiana nel vicariato di Montegalda

Il nuovo cammino di I.C. ha cambiato il coinvolgimento della famiglia: prima bastava che i genitori mandassero i figli a catechismo ed eventualmente partecipassero ad uno o due incontri di formazione dedicati a loro; adesso sono invitati a valorizzare la propria esperienza di vita e a confrontarla, liberamente, con quei valori ai quali vengono formati i loro figli.

Nel nostro Vicariato di Montegalda questa nuova impostazione è stata avviata con lentezza e incertezza, perché non è facile accogliere un nuovo modo di essere e di fare che ci viene proposto da altri. Si comprendono così le titubanze di alcuni sacerdoti, che si sono trovati a dover cambiare abitudini ormai consolidate; la paura di molti catechisti, originata dalla coscienza di non essere sufficentemente formati; la difficoltà a trovare persone che coprissero un ruolo, quello dell’accompagnatore dei genitori, che era totalmente nuovo; la fatica per coinvolgere gli animatori dell’Azione Cattolica, soprattutto in occasione degli incontri condivisi bambini-genitori, non tanto come baby-sitter, ma anche in fase della programmazione; la necessità di lavorare in equipe.

Per coinvolgere i genitori in questo nuovo percorso è stato utile l’utilizzo di stimoli provenienti da fonti che non sono quelle utilizzate abitualmente per la catechesi, quali canzoni, film, opere d’arte… Queste proposte comportano certo un maggior impegno da parte di catechisti e accompagnatori, ma coinvolgono maggiormente sia perché fanno parte del mondo in cui si vive, sia perché stimolano le persone a cogliere il significato che può essere contenuto nelle varie espressioni dell’ingegno umano.

Questo cammino che stiamo facendo avrà certamente bisogno di continui aggiustamenti, ma sono convinta che non si potrà più tornare indietro.

Ornella Contin, coordinatrice vicariale dei catechisti


Il percorso di Iniziazione Cristiana nelle nostre parrocchie di Veggiano e S.Maria è giunto al IV anno. Il riscontro iniziale da parte dei genitori coinvolti ci ha rincuorati e stimolati a continuare e alcune mamme sono diventate catechiste dei ragazzi. Questa partecipazione attiva da parte dei genitori ha creato qualche problema nella programmazione degli incontri contemporanei genitori e ragazzi, dato che le catechiste/mamme considerano importante partecipare agli incontri degli adulti; problema risolto coinvolgendo gli educatori AC: nel momento dell’incontro dei genitori, i ragazzi fanno attività con gli educatori con modalità diverse, seguendo i temi del percorso I.C..

Gli incontri, a cadenza quindicinale, dalla durata di un’ora e mezza, forniscono maggior tempo per la preparazione ma anche la perdita di continuità a causa del diradarsi della frequenza degli incontri, oltre che difficoltà nel dover sviluppare e concludere il tema nello stesso incontro.

Le modalità sempre diverse richiedono una partecipazione attiva dei ragazzi che si sentono maggiormente coinvolti e propositivi anche se devono essere riviste e adattate in base al gruppo con cui si interagisce e alle sue esigenze.

Abbiamo vissuto questi quattro anni con entusiasmo, con la voglia di iniziare un nuovo percorso e tanti dubbi relativi alla sua applicazione ed efficacia, ma affidandoci e lasciandoci guidare sempre dal Signore.

Stefania Savio, Michela Paulon e Carla Negri, catechiste a Veggiano


Testimoni della speranza che è in noi

Sono passati quattro anni da quando siamo stati coinvolti nel percorso di I.C. come accompagnatori dei genitori. Una proposta che, all’inizio, ci ha un po’ spaventati in quanto avremmo dovuto rapportarci con un gruppo numeroso di adulti.  Non siamo, certamente, degli “esperti” che hanno la pretesa di trasmettere dei contenuti ma dei compagni di viaggio che camminano assieme alla riscoperta della fede, in una dinamica di reciprocità offrendo un tempo ed uno spazio per riflettere e interrogarsi, per ascoltare e meditare la Parola, per pregare e celebrare. Fin dal primo anno ci siamo resi conto che la novità, la forza e la ricchezza di questo cammino sta nel coinvolgimento delle famiglie. E’ molto bello vedere i genitori camminare al fianco dei propri figli vivendo insieme momenti “speciali”. Lo abbiamo colto in particolare nelle visite guidate al Museo diocesano (Battistero, Cappella del Credo) che abbiamo proposto come momenti formativi in preparazione delle celebrazioni legate ai Riti che accompagnano le diverse tappe. Sono impresse nei nostri occhi le molteplici immagini in cui i più piccoli guardano attenti ciò che succede, a volte estasiati, spesso sorpresi dai segni che i genitori compiono su di loro e sempre entusiasti di condividere insieme le diverse esperienze. Nonostante le difficoltà di gestire dei gruppi particolarmente numerosi grazie alla collaborazione degli addetti del Museo siamo riusciti a superare tutti gli ostacoli organizzativi. Sottolineiamo con gratitudine l’accoglienza, la competenza e la professionalità delle guide che ci hanno accompagnato in quanto sono riuscite a conciliare la proposta per i genitori e per i bambini e a coinvolgere tutta la famiglia anche nelle attività di laboratorio. Se la partecipazione è più scarsa negli incontri fatti in parrocchia, non legati ad uscite e riti, in queste occasioni è al di sopra delle nostre aspettative.

Annalisa Infanti, Ornella Zilio e Igino Zulian, accompagna


Una delle sfide più emozionanti che l’Iniziazione Cristiana ha lanciato alle nostre comunità, è quella di diventare luogo in cui la vita di fede dei ragazzi cresce e matura, non più quindi con un’attenzione quasi esclusiva alla celebrazione dei sacramenti.

Credo che sia proprio su questo versante che le comunità del nostro vicariato di Montegalda stanno lavorando. Certamente si nota la difficoltà non solo a far maturare la consapevolezza che tutti i battezzati sono soggetti dell’Iniziazione Cristiana ed essa non è solo deputata ad alcuni, per esempio i catechisti o gli educatori ACR, ma anche a far sì che essa sia un vero e proprio cammino che coinvolge tutta la persona del ragazzo.

Ci stiamo rendendo conto sempre più che per raggiungere questo obiettivo, il solo incontro settimanale di catechesi non è sufficiente; se manca anche la partecipazione all’eucaristia domenicale con tutta la comunità o se essa avviene solo in particolari circostanze; se mancano l’offerta di esperienze di fraternità, di gratuità, di servizio e di carità, il ragazzo non è iniziato a riconoscere la bellezza di crescere come Corpo ecclesiale.

Nel nostro vicariato quasi ogni comunità si sta impegnando affinché questo possa avvenire. Ciascuno secondo il proprio passo cerca di far incontrare il Signore Gesù nelle diverse realtà che una comunità cristiana vive.

Purtroppo il fatto che una parrocchia abbia deciso di non intraprendere (almeno per ora) questo cammino di rinnovamento crea un po’ di confusione nelle famiglie che magari sono più ai margini della Comunità e quindi faticano a capire il perché di una richiesta che impegna maggiormente tutti.

Ritengo che il compito primario sia proprio quello di mostrare la bellezza di stare tutti insieme attorno al Signore. Questo è tutto quanto ciò che una Comunità può dare. Ciascuna parrocchia col proprio passo, secondo la propria fantasia, imparando a mettersi in ascolto delle necessità dei ragazzi e delle loro famiglie; solo così, anche in questo mondo nel quale la fede ha sempre meno rilievo, si può pensare di essere più incisivi nella vita dei ragazzi.

Don Mattia Biasiolo

Parroco di Cervarese Santa Croce


Genitori fuori quota?

Quando come genitori ci sono stati proposti degli incontri per camminare inseme a nostro figlio, il primo pensiero è stato quello di essere ormai “fuori quota” e di non avere più l’età per “andare a catechismo”. E invece, partecipando a questi incontri ci siamo resi conto di due cose: la prima è che ancora oggi, alla nostra età, come genitori nella nostra situazione familiare, Dio ha qualche cosa di speciale da dirci. La seconda è che incontrare altre persone che vivono la nostra stessa esperienza, che fanno a volte fatica come noi, ma che sanno confrontarsi e mettersi in gioco, è sempre un esperienza importante che dona un arrichimento reciproco che è difficile immaginare a priori. Come genitori cristiani e che desiderano accompagnare i propri figli nella fede, crediamo poi che il fatto di incontrarci contemporaneamente ai bambini, con alcuni momenti iniziali o finali di condivisione con loro, sia la testimonianza più vera di cui essi hanno bisogno.

Silvia Spessato e Simone Dalla Libera

 

 

 

 

 

condividi su