EDITORIALE
Questa estate ho avuto modo di soffermarmi e di riflettere sul valore dell’acqua. Ho incontrato l’acqua in tanti modi e in diversi momenti delle giornate, che si sono susseguite regalandomi emozioni sempre nuove. L’ho contemplata nel letto di un ruscello, con il suo vigoroso e limpido fluire, ma l’ho anche vista come habitat naturale per alcune forme di vita che senza acqua non potrebbero esistere.
Ho capito l’importanza dell’acqua quando mi sono trovato senza borraccia in un sentiero lungo e faticoso, con la sete che cresceva a ogni passo e la fronte imperlata di sudore; ma più ancora quando ho visto in televisione le immagini dei bambini del Corno d’Africa, disidratati e in fin di vita a causa di un’imponente siccità. Ho ammirato l’acqua nella sua molteplice capacità di trasformarsi a seconda delle situazioni e delle condizioni: era vapore che saliva da una terra bagnata dai primi raggi del sole del mattino, era ghiaccio e neve sotto le rocce solenni delle grandi altezze dolomitiche, era fonte zampillante che dissetava al centro della piazza del villaggio. Ho assaporato l’acqua dopo averla bevuta alla fine di una corsa, e l’ho apprezzata nelle giornate torride e afose, quando quasi magicamente mi sono ritrovato sotto una pioggia fresca e ritemprante, sentendo il piacere delle gocce che rigano la pelle.
E ho avvertito un senso di profonda gratitudine tutte quelle volte che l’acqua è riuscita a risollevarmi, pulirmi, rigenerarmi, rilassarmi e a farmi dimenticare le fatiche di un’intera giornata.
Ho capito che l’acqua è un dono grande, gratuito, irrinunciabile e fonte di vita. Ma l’eccesso è un male. E anche l’acqua se è troppa diventa segno di morte. Per tale motivo l’acqua deve essere incanalata, orientata, fatta scorrere dentro a canali precisi; solo così diventa nutrimento e sostegno.
L’acqua può essere una buona metafora del rapporto tra atto educativo ed educatore.
Chi è formatore deve essere, come l’acqua, portatore di vita, amando la sua e quella degli altri, custodendola come un tesoro prezioso. L’educatore sa donare con equilibrio la forza della proposta con momenti di ascolto e di calma per far sedimentare il vissuto, stando in attesa, ma anche provocando movimento. Come l’acqua che crea unione e solidarietà, così l’educatore è empatico, comprende le esigenze e i bisogni di chi gli è accanto, lo valorizza facendo sì che il bene che trova non venga mortificato ma valorizzato. Come l’acqua trasparente, così il formatore è limpido nel linguaggio, nella comunicazione verbale e non verbale, nel suo modo di vivere e annunciare. L’acqua è rigeneratrice, così chi educa è creativo, apre strade di rinascita della e nella fede, è aperto e flessibile, sa rinnovarsi per rinnovare, evita di sentirsi un arrivato e si pone continuamente
in cammino.
L’acqua è benedizione: l’educatore, il catechista sa riconoscere il bene e il buono, e benedire per tutto ciò che avviene e suscita ammirazione e stupore.
Siate acqua per saper educare alla vita buona del vangelo!
don Giorgio Bezze
direttore
dell’ufficio diocesano per la catechesi
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