Il cammino dell’Iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi

Il cammino dell'Iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi
 
In occasione dell'Incontro congiunto di sabato 4 febbraio 2012 è stata presentata la nuova proposta diocesana di Iniziazione cristiana per fanciulli e ragazzi che costituisce una novità e un impianto nuovo del percorso.
 
Di seguito riportiamo parte del discorso del vescovo Antonio che accompagna la proposta diocesana “Il cammino per l’Iniziazione cristiana dei fanciulli e ragazzi” allegato a questa pagina.
All'interno del sussidio è riportato il testo completo del discorso del Vescovo.
 
 

1. L’esigenza ineludibile della nuova evangelizzazione
 
La revisione dell’impianto dell’Iniziazione cristiana tocca un pilastro fondamentale della formazione dell’essere cristiano e della Comunità cristiana. È perciò in gioco la missione essenziale della Chiesa; la sua stessa ragione di essere che consiste nell’annunciare Gesù Cristo, unico Salvatore, renderlo presente e introdurre le persone all’incontro salvifico con Lui per vivere un’esistenza rinnovata di fede – speranza – carità e avere la vita eterna. Nella Chiesa, d’altra parte, si accede per la porta della fede e si diventa membra vive con i sacramenti dell’Iniziazione cristiana, per cui, con l’Iniziazione cristiana, la Chiesa rigenera se stessa. Questa riflessione fa comprendere che l’Iniziazione cristiana non è un aspetto secondario e marginale, ma centrale e prioritario della vita e della missione della Chiesa. Pertanto, la Chiesa ha sempre praticato l’Iniziazione cristiana, per la chiara ragione che «cristiani non si nasce, si diventa» (Tertulliano, Apol. 18,4).
Tuttavia, il modello, il processo di Iniziazione cristiana, è avvenuto in forme e modalità diverse nel corso della storia. Gli storici hanno distinto varie epoche, delineandone i caratteri precipui.
Noi siamo chiamati, oggi, a re-impostare la modalità di Iniziazione cristiana adottata dalla Chiesa in Occidente nei secoli passati e che, certamente, ha dato ottimi frutti. Sorge, allora, la domanda: “Perché mettere in discussione e rivedere il modello che è stato adottato e ha funzionato per secoli?”.
La risposta è che quel modello, adottato nel passato, non appare più, oggi, funzionale all’obiettivo che si propone, e può essere migliorato per diverse ragioni.
Si deve tenere in conto un aspetto essenziale della vita della Chiesa: la storicità. La Chiesa è un organismo vivo che si sviluppa dentro il tempo; non perde la propria identità essenziale, come la persona nel suo sviluppo da bambino ad adulto, ma assume forme nuove. Nell’indire il Concilio Vaticano II, Papa Giovanni XXIII diceva che la sostanza della fede rimaneva intatta, ma la forma di presentarla doveva adattarsi alla mentalità e alla cultura dell’uomo contemporaneo per esser meglio espressa e meglio compresa. Ma anche la società, la cultura, la mentalità, i modelli e stili di vita, i sistemi politici ed economici sono soggetti al cambiamento.
Negli ultimi tempi, è avvenuto progressivamente il passaggio da quella che è stata definita la ‘cristianità’ ad una società e cultura ‘secolarizzata’ e pluralistica.
La ‘cristianità’ era caratterizzata da una rilevanza sociale, pressoché monolitica, del cristianesimo, da una cultura e da leggi impregnate di valori cristiani – pensiamo, ad esempio, alla domenica e al matrimonio – da una pratica generalizzata dei sacramenti. La catechesi era impostata come scuola di dottrina cristiana.
Esistevano associazioni cattoliche in quasi tutte le categorie professionali; persino banche cattoliche. I preti insegnavano la religione a scuola. La fede si trasmetteva per tradizione sociale.
Non che tutti avessero una fede personale convinta e vivessero coerentemente i valori cristiani. Esistevano larghi strati di indifferenza e di cultura laicista  e, anche, di aperta opposizione alla visione cristiana. Il nostro Veneto era, palesemente, di “colore bianco”.
Questo modello, – già in crisi negli ultimi secoli – negli ultimi decenni, particolarmente a partire dagli anni ’68-’70 del secolo scorso,  si è venuto progressivamente e rapidamente esaurendo e sgretolando sotto l’influsso di fattori diversi culturali e sociali. Questo è evidente, soprattutto, nelle nuove generazioni.
I sacramenti dell’Iniziazione cristiana continuano ad essere sì largamente richiesti, nonostante la fine della cristianità, in ragione di un più forte radicamento della fede negli anziani e adulti, e come riti di passaggio, ma ciò avviene spesso con deboli motivazioni di fede. Va tenuto presente, al riguardo, che è in crescita il numero di bambini che non vengono battezzati subito dopo la nascita, mentre il fenomeno dell’immigrazione ha immesso nella società un numero rilevante di non cristiani.
È ben noto che, dopo la Cresima, la maggior parte dei cresimati lascia o diminuisce la partecipazione alla Messa domenicale. Sul piano etico si è scavato un fossato tra le norme proposte dalla Chiesa e la cultura e la prassi corrente, particolarmente in tema di sessualità e matrimonio. La stessa fede in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, è percorsa dal dubbio presso non pochi battezzati e cresimati.
Si comprende, allora, come, di fronte alle profonde trasformazioni verificatesi negli ultimi tempi, sia stato lanciato l’appello ad una “nuova evangelizzazione”, soprattutto da Papa Giovanni Paolo II, e la conversione da una pastorale di conservazione ad una pastorale specificatamente missionaria.
Ma già il Concilio Vaticano II si collocava chiaramente nell’orizzonte del passaggio epocale dalla cristianità alla società secolarizzata e globalizzata e proponeva delle linee di nuova evangelizzazione.
È significativo che il 1° Convegno di Aquileia, nel 1990, aveva come programma centrale: “Le Chiese delle Venezie per la nuova evangelizzazione”.
Il Papa Benedetto XVI non cessa di individuare nella crisi della fede il nodo centrale della situazione odierna e, quindi, della missione della Chiesa e della pastorale. In questa ottica ha eretto un nuovo Dicastero – il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione (2010) – e proposto l’ “Anno della fede”. Il prossimo Sinodo del Vescovi, convocato per l’ottobre di quest’anno, ha come tema “La nuova evangelizzazione”.
È in questo contesto storico, che esige una nuova evangelizzazione, che si comprende e si giustifica l’esigenza di una corrispondente rinnovata Iniziazione cristiana.
L’evangelizzazione, infatti, ha come obiettivo fondamentale quello di annunciare Gesù Cristo e di accompagnare all’adesione di fede in Lui, all’adozione di una vita nuova e all’incorporazione nella Comunità ecclesiale.
 
 
3. L’opzione della nostra Diocesi
 
Una scelta che indica la consapevolezza della novità della situazione socio-religiosa attuale e la risposta della nostra Chiesa è stata l’istituzione del Servizio del catecumenato nel 2005, con un apposito Direttorio.
Qui sperimentiamo un fatto molto importante e che non manca di sorprenderci: uomini, donne, giovani non italiani ma, anche, italiani, chiedono di diventare cristiani e di entrare a far parte della Chiesa. Questo ci fa comprendere che il Signore continua a chiamare alla fede e lo fa attraverso la testimonianza semplice e convinta dei cristiani. La testimonianza di vita e, poi, la qualità dell’accoglienza personale e della Comunità cristiana svolgono un ruolo prioritario nel condurre le persone toccate dalla grazia dello Spirito Santo alla fede.
Il Servizio del catecumenato appare ben impostato e ben guidato, con validi e generosi collaboratori. Se c’è un rammarico, è che molte Comunità cristiane e gruppi, mi sembrano tiepidi nella testimonianza e nell’accoglienza, ripiegati su se stessi invece che aperti e propositivi.
Mentre il Servizio del catecumenato svolgeva il suo compito, prendevano avvio alcune esperienze di Iniziazione cristiana dei ragazzi, a seguito della Nota della CET del 2002 e sulla base della Nota pastorale della CEI del 1999. Esperienze fatte, in particolare, da una parrocchia (Polverara) e da un Vicariato (Bassanello). Queste esperienze sono state seguite e monitorate dall’Ufficio catechistico e da quello per la Liturgia. Esse sono preziose perché hanno permesso di mostrare come attuare gli Orientamenti scritti e quale impatto il nuovo itinerario di Iniziazione cristiana ha sui ragazzi e sulle famiglie. I risultati appaiono confortanti e inducono alla fiducia.
Sgombriamo, tuttavia, l’animo da un’aspettativa che sarebbe ingenua: non è da pensare che, con il nuovo impianto, tutti accederanno ad una fede matura e costante e che vedremo tutti i ragazzi alla Santa Messa. Questo dipende da altri fattori sia attinenti alla vita delle famiglie e della parrocchia, sia di ordine personale, attinente alla libertà, sia di ordine socio-culturale.
È permesso, tuttavia, ragionevolmente pensare e sperare che il rinnovamento dell’Iniziazione cristiana, se attuato con saggezza e coraggio, porti buoni frutti, tra i quali una spinta di rinnovamento delle nostre Comunità, dei presbiteri e di tutti gli operatori pastorali.
Dopo aver considerato l’esigenza di una nuova evangelizzazione e gli Orientamenti autorevoli che propongono, a tale fine, un ripensamento dell’itinerario di Iniziazione cristiana, volgiamo lo sguardo al cammino pastorale diocesano e alle sue scelte programmatiche.
Con gli Orientamenti pastorali 2010-2011: “La comunità grembo che genera alla fede”, si è aperto, nella nostra Diocesi, il cammino di riscoperta e di avvio di un nuovo impianto di Iniziazione cristiana. È necessario che sia ben assodato e non perdiamo di vista un dato fondamentale: è la Comunità cristiana che inizia alla fede e al discepolato di Cristo. Questo significa essenzialmente due cose:
1.   la comunità cristiana deve tendere, in tutti i suoi membri, a crescere in qualità di fede, di testimonianza di vita, di accoglienza;
2.   i vari ‘iniziatori’ – presbiteri, catechisti, operatori pastorali della Caritas, etc, – devono essere consapevoli che agiscono non a titolo ‘privato’ ma a nome e per mandato della Comunità. In questo senso occorre, dunque, che l’Iniziazione cristiana non sia vista come il ‘pallino’ di qualcuno o di una élite, ma come scelta della Diocesi e della parrocchia. Ricordiamo che già il Concilio Vaticano II, nella Ad Gentes, affermava che «l’Iniziazione cristiana è compito di tutta la comunità cristiana» (nn. 13-14).
Con gli Orientamenti pastorali di quest’anno 2011-2012: «Affezionati a voi avremmo voluto trasmettervi non solo il Vangelo di Dio ma la nostra stessa vita», siamo invitati a comprendere e assimilare gli elementi portanti dell’Iniziazione cristiana e a scegliere insieme come attuarla nella nostra Diocesi, cominciando dai ragazzi.
Siamo consapevoli che ci troviamo di fronte ad un compito di straordinaria importanza che rappresenta non una rottura con la tradizione millenaria, ma una innovazione a partire da una meditata riflessione teologica e da una scelta pastorale necessaria per attuare la missione della Chiesa nel nostro tempo.
Abbiamo rilevato come l’impostazione attuale si riveli carente nell’attuale contesto socio-culturale e la riflessione della Chiesa italiana, ma anche universale, si orienti verso una rivisitazione del suo impianto. Sul piano della riflessione teologica emergono alcune linee importanti: l’Iniziazione cristiana è bene che si realizzi non tanto conducendo ai sacramenti dell’Iniziazione cristiana, ma “attraverso i sacramenti dell’Iniziazione cristiana” e, recuperando l’unitarietà dei tre sacramenti (Battesimo, Cresima, Eucaristia) che sgorgano dal mistero pasquale di Cristo, ponendo l’Eucaristia al vertice del cammino di Iniziazione cristiana.
Questa opzione intende superare l’impostazione illuministica-razionale incentrata prevalentemente sullo sviluppo nozionale e volontaristico del soggetto, dando, invece, il primato alla grazia e al dono dell’amore di Dio e alla relazione comunitaria, senza escludere l’impegno umano e attuando, quindi, una più adeguata sinergia di incontro tra grazia e persona in tutte le sue dimensioni, in particolare quella della relazione familiare e comunitaria. In questa ottica, occorre annettere grande importanza alla mistagogia, vale a dire allo sviluppo della vita nuova in Cristo, con i tratti fondamentali della figura del discepolo di Cristo, educando alla testimonianza e all’impegno negli ambiti della vita ecclesiale e sociale.
Dopo mature riflessioni, è stata elaborata una proposta programmatica di itinerari di Iniziazione cristiana che viene sottoposta, oggi, al vostro discernimento. La proposta si ispira agli orientamenti delle Note pastorali della CEI, in particolare di quella sull’Iniziazione cristiana dei ragazzi. È da tenere presente un dato sociologico rilevante: sono in numero crescente i bambini non battezzati, e le richieste di battesimo per ragazzi tra i 7 e i 14 anni. Per questi si richiede precisamente un itinerario catecumenale.
La proposta, inoltre, tiene conto di scelte programmatiche già fatte da un certo numero di Diocesi importanti, quali: Milano, Torino, Brescia, Cremona, Venezia, Verona, Vicenza, Trento.
A ben considerare – come ho rilevato -, siamo di fronte ad un cambiamento che non sarebbe esagerato qualificare di epocale. Per questo occorre affrontarlo con una comprensione chiara e profonda della sua impostazione e con motivazioni convinte. È bene, quindi, che ci sia una riflessione personale e comunitaria seria e ponderata, che faccia emergere anche obiezioni e difficoltà; ma, soprattutto, proposte e suggerimenti positivi.
Sono convinto che questo programma di Iniziazione cristiana, per ben riuscire, deve suscitare una ‘mobilitazione’ di tutta la Diocesi nelle sue varie componenti. E sono, altrettanto, convinto che una tale mobilitazione, animata e sostenuta dalla grazia e dal fervore dello Spirito Santo, potrà produrre frutti abbondanti.
In questa prospettiva, è mia intenzione attivare le risorse e gli strumenti necessari e adeguati per sostenere il proposto impianto di Iniziazione cristiana.
Ne indico due:
1.   l’istituzione di un Comitato diocesano promotore dell’Iniziazione cristiana, con il compito di gestire, accompagnare e nutrire i percorsi, composto da: Ufficio Catechistico, Ufficio per la Liturgia, Pastorale familiare, Caritas, Azione Cattolica, Un pedagogista.
      Ai presbiteri spetta un compito di regia nell’ambito del Vicariato. I consigli pastorali sono chiamati ad assumere con senso di responsabilità questo cammino.
      È importante che i catechisti non operino individualisticamente, ma coordinandosi tra loro e a livello vicariale.
      Entrando in questa fase, dovranno cessare le sperimentazioni, le dispersioni e le scelte autonome.
2.   Al fine di sostenere in loco la formazione dei catechisti e degli altri operatori dell’Iniziazione cristiana, vedo opportuno l’avvio di Centri di formazione a livello zonale con questo specifico obiettivo. Sarà opportuno, quindi, pensare bene il profilo, i contenuti formativi e gli obiettivi di questi Centri di formazione.

 

 + Antonio Mattiazzo, vescovo

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