Sembra che in questi ultimi mesi i comunicati riguardanti violenze sessuali ai danni di minori compiute da coetanei siano in aumento. Non c’è settimana, infatti, che sui giornali o in televisione non vengano riportate notizie riguardanti uno stupro di gruppo di minorenni verso una compagna di classe, o ragazzine che diventano oggetto di derisione e scandalo per la pubblicazione di loro foto o video compromettenti sui social network su iniziativa di amici o conoscenti senza troppi scrupoli.
Questi fatti, che sono vicini a noi più di quanto si possa immaginare, non possono lasciarci indifferenti, almeno per due ordini di motivi: il primo è che la violenza su un adolescente sfregia tutta la comunità e riguarda, pertanto, ogni adulto cosciente e responsabile; il secondo è che la violenza sui minori pone gli adulti davanti ad emblematici interrogativi. E cioè: quanto e come riusciamo a prenderci a cuore la vita dei ragazzi? quante e quali forze investiamo per il loro accompagnamento verso percorsi che assicurino la loro realizzazione e la loro felicità?
Trovare una risposta a queste domande è ancora più urgente se pensiamo che proprio in questi mesi la nostra Chiesa sta investendo sull’accompagnamento nel tempo della Fraternità dei preadolescenti, un’età delicata, da seguire con particolare cura, come un impegno di tutta la comunità e non solo degli “addetti ai lavori”.
Individuare le cause che possono portare ad una violenza a sfondo sessuale richiederebbe una lunga e approfondita riflessione (che forse non avrei neppure la capacità di fare), e tuttavia mi sembra che due aspetti più di altri incidano sui comportamenti violenti dei ragazzi.
All’origine del mancato rispetto dell’altro e all’uso della propria sessualità in modo disordinato e violento c’è, secondo me, un’assenza di educazione all’affettività e alla sessualità. Poco o niente, infatti, ci si preoccupa dell’educazione affettiva delle giovani generazioni. La famiglia è spesso assente, limitandosi ad essere una semplice coabitazione di individui solitari. Molti ragazzi sono figli di genitori separati; quando i genitori ci sono, invece, spesso si trovano nella difficoltà di entrare in rapporto con i figli, che hanno un loro linguaggio ed un loro modo di intendere le cose. Così, nell’assenza di una vera guida, i figli diventano quasi sconosciuti ai genitori, molti dei quali affrontano le tematiche del sesso consigliando solo di prendere le dovute cautele. Taluni istituti scolastici si muovono nella stessa direzione, proponendo già da tempo dei corsi di educazione sessuale che in realtà non sono itinerari per far crescere i ragazzi verso l’amore vero, ma piuttosto corsi di prevenzione delle malattie, di contraccezione, o corsi che confondono l’identità sessuale. Lasciati a se stessi, i ragazzi, con gli smartphone personali o il pc, vengono precocemente a contatto con immagini ed argomenti di pseudo-educazione sessuale e di pornografia. Così la sessualità è diventata consumo sessuale: l’altro/a sembra non debba essere a me complementare, ma un corpoggetto che soddisfa le mie pulsioni; se questo non avviene, scatta la violenza.
Le nostre comunità cristiane devono allora riappropriarsi del compito di educare all’affettività, di far entrare in contatto gli adolescenti ma anche i preadolescenti con i propri sentimenti, perché imparino ad ascoltarli a conoscerli e a chiamarli con il giusto nome. Aiutare i ragazzi ad armonizzare la genitalità con l’affettività e l’amore che chiede ascolto, rispetto e tenerezza. Educare all’amore vuol dire anche recuperare l’orizzonte vocazionale in maniera seria e positiva. Gli adolescenti sono pieni di desideri, positivi e negativi, e hanno bisogno di essere aiutati a discernere gli uni dagli altri. Non dobbiamo delegare ad altri questo compito. Anni fa nelle parrocchie c’erano dei percorsi di educazione all’amore per adolescenti, che li aiutavano a non disancorare la sessualità e genitalità dal valore connesso dell’essere persona: ci sono ancora?
Strettamente legata a questo aspetto è la mancanza di adulti significativi, qualcuno direbbe la mancanza di padri, nella vita dei ragazzi. È invece estremamente importante che ci siano adulti che sappiano ascoltare le parole, le domande e i silenzi, o interpretare i comportamenti di un adolescente irrequieto che disturba nel gruppo. Questo può essere un’opportunità per scoprire conflitti ben più profondi, che spesso nascono dalla mancanza di affetto, dalla difficoltà di accettare i cambiamenti del proprio corpo, dalla scarsa serenità nel vivere le pulsioni fisiologiche che l’adolescenza porta con sè. È fondamentale che ci siano educatori che con coraggio e serenità educhino, anche i giovanissimi, a gestire la propria sessualità, in modo che sappiano accordare ogni nota e suono del proprio corpo con quelli della propria anima o, per dirlo in termini più propri, ad accordare la propria genitalità con la propria affettività. Per questo c’è bisogno di educatori che sappiano scoprire il loro servizio come una vocazione, dedicando più tempo ai ragazzi per affrontare, con l’aiuto anche di esperti, questo delicato e irrinunciabile tema.
Giorgio Bezze