L’appuntamento tradizionale di questo periodo è l’assemblea diocesana dei catechisti, che quest’anno assume una veste del tutto diversa: sabato 15 febbraio non ci sarà la consueta relazione seguita dal dibattito, ma la proposta di un laboratorio, con la possibilità di partecipare in due diversi momenti: al mattino dalle 9 o al pomeriggio dalle 15. L’assemblea/laboratorio – che avrà luogo in seminario minore, a Rubano – farà conoscere l’approccio alla Parola di Dio attraverso il bibliodramma, un metodo differente da quelli che siamo soliti usare. Per questo ci saranno tanti piccoli gruppi, guidati da un facilitatore dell’Associazione italiana bibliodramma, che sperimenteranno la metodologia attraverso il brano del Vangelo che racconta l’ultima cena: l’Eucaristia.
L’obiettivo di questo appuntamento è quindi la conoscenza di un metodo per approcciare la Parola di Dio. Il metodo non è fine a se stesso e costringe il catechista ad appassionarsi alla Parola; a farla diventare Parola di vita, capace di ispirare ogni idea, coinvolgendo la stessa attività catechistica che ne consegue. Ancora una volta, quindi, nell’assemblea si pone al centro la comprensione della Parola di Dio, con la quale, purtroppo, molti catechisti hanno una scarsa dimestichezza. Spesso, infatti, vengono proposte attività – con bambini, giovani e adulti – che non si riferiscono alla Parola, ma a contenuti generici, simili a quelli che orientano qualsiasi altra esperienza al di fuori del cammino di catechesi.
Sabato 15 febbraio, inoltre, apre anche la mostra al Museo diocesano “A nostra immagine”, una retrospettiva sulla scultura in terracotta. Visitarla e partecipare ai laboratori e agli eventi programmati sarà un’ulteriore occasione di formazione per i catechisti, ma anche per tutti gli adulti, che potranno constatare la bellezza, la profondità e l’attualità della Parola di Dio anche attraverso l’arte. Parola viva, dove fragilità e bellezza si intrecciano fino al punto da mostrare il volto più vero e intenso di un Dio che ha scelto di impastarsi con la nostra stessa “terra” di uomini e donne.
Giorgio Bezze