SPECIALE CATECHISTI / Aprile 2013

I ragazzi hanno creato una fantasiosa, accogliente “città sottile”
 
Immaginario senza chiese
 
In questi giorni al museo diocesano di Padova è stata inaugurata una straordinaria mostra che vale la pena di visitare. Si tratta di “La città sottile”, un progetto ideato da Antonio Panzuto, architetto e scenografo padovano, con il quale i ragazzi di alcune scuole primarie di Padova hanno collaborato per la costruzione di una città ideale. Ho visitato con piacere la mostra, addentrandomi per le viuzze della città ideata dai ragazzi, aprendo porte ruvide e scolorite, appartenenti a mondi e case di altri tempi; ho ascoltato voci dalle finestre parlanti; mi sono lasciato rapire dalle trasparenze di mille bottiglie della “città maiala” e dall’interno della “città valigia”.
Ciò che più colpisce, in questo viaggio immaginario, è la fantasia dei bambini che hanno saputo costruire una città molto più a dimensione dell’uomo rispetto a quelle che costruiscono gli adulti. Qui ci sono suggerimenti per come costruire case, strade e ponti che uniscono le persone pur se diverse per colore, lingua e cultura. Nel visitare questa città invisibile, leggera e trasparente, tutti possono imparare qualcosa. L’assessore alla mobilità, potrebbe trovare buoni spunti per organizzare i trasporti, evitando caos e inquinamento, che diventano, anche a Padova, una minaccia sempre più preoccupante.
Tutto perfetto e funzionante, allora? Non proprio! Visitando “La città sottile”, quasi per “deformazione professionale”, ho cercato, tra i tanti edifici, una chiesa. Ho cercato a lungo, anche nelle zone più nascoste, ma di chiese, ahimè, neppure l’ombra! Eppure, mi son detto, a costruire questa città immaginaria sono stati bambini della scuola primaria, che nella stragrande maggioranza dei casi hanno già ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana e, quindi, hanno già sentito parlare di Dio, di Gesù, del vangelo, e probabilmente si sono già raccolti diverse volte in preghiera.
E allora, come mai non hanno disegnato nessuna chiesa? Come mai tra le tante piazze e strade affollate di uomini e donne non hanno collocato neppure un capitello, una croce, un segno che richiamasse Gesù? Forse perché la scuola è talmente laica e multireligiosa che ha vietato ogni segno cristiano per non offendere le altre religioni? O forse perché l’aspetto religioso è talmente lontano dalla vita ordinaria dei bimbi che a nessuno è venuto in mente di inserire tra le tante case anche la casa di Dio? Tutte le risposte potrebbero essere valide, ma nessuna di esse potrebbe mai cancellare i mille interrogativi che sorgono in chi è impegnato nell’educazione delle nuove generazioni, e in particolare nella catechesi.
A livello educativo, infatti, a prescindere dalla mostra, questa assenza ha sicuramente un peso e degli effetti nella vita dei bambini. Quando si elimina dal cammino formativo ogni segno religioso che ricordi Dio, non si fa altro che negare una delle componenti essenziali della natura umana: quella religiosa, che è insita nella persona fin dai primi anni di vita.
Non si può non prendere atto di una triste realtà che va sempre più diffondendosi nel nostro tempo: i segni religiosi perdono progressivamente di significato, non sono trasmessi, come dovrebbero, alle nuove generazioni, non sono condivisi, e nei casi in cui sopravvivono risultano relegati a un campo privato e personale.
“La città sottile” è l’ultima conferma che la vita cristiana non può essere data per scontata nelle nuovi generazioni, ma deve essere generata e alimentata recuperando il linguaggio elementare della fede.
Esprimo un desiderio: nella prossima città sottile mi piacerebbe trovare una chiesa. Anche piccola, sperduta, ma presente. Un dolce rifugio, tra le case, a cui non è possibile rinunciare. Neppure con l’immaginazione!
 
Giorgio Bezze
 
 
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