Speciale Catechisti / DICEMBRE 2014

Alcuni nodi da sciogliere nel loro coinvolgimento

Proposta libera e accogliente

 

Giorni fa ho ricevuto una lettera da parte di un accompagnatore dei genitori di una parrocchia che ha iniziato il primo discepolato del cammino di iniziazione cristiana. La situazione che viene presentata è comune a tante parrocchie, per questo ho deciso di pubblicarla con la relativa mia risposta in modo che possa risultare utile a tutti gli accompagnatori dei genitori e ai parroci per rendere il cammino dei genitori non un percorso a ostacoli, ma un’occasione libera e desiderabile per riscoprire la loro fede e il ruolo di accompagnatori dei propri figli.

 

Sono un accompagnatore degli adulti del cammino di primo discepolato. L’anno scorso abbiamo invitato personalmente e con lettera i genitori per iniziare il cammino. Abbiamo avuto una frequenza soddisfacente, con una media di 28-30 famiglie a ogni incontro (con partecipazione buona di entrambi i genitori) su 36 famiglie interessate. All’inizio abbiamo spiegato gli obiettivi del nuovo percorso, ma non abbiamo mai detto chiaramente che chi non aderiva subito non si sarebbe potuto inserire successivamente nel medesimo gruppo, ma avrebbe dovuto iniziare dal primo anno con un altro gruppo.

Quest’anno al primo appuntamento del primo discepolato si sono presentate tre nuove famiglie che hanno partecipato attivamente all’incontro, rimanendone entusiaste. Un paio di giorni dopo però, su suggerimento del parroco, abbiamo dovuto far loro presente le indicazioni diocesane che dicono di cominciare il cammino dal primo tempo: la prima evangelizzazione. La reazione delle tre famiglie è stata fortissima. Immediatamente si rivolgono al parroco, dando spiegazioni sulle motivazioni per cui l’anno scorso non hanno potuto partecipare, addirittura si propongono di fare entrambi i cammini purché i loro figli possano rimanere con i loro coetanei; ci rimproverano di non essere stati chiari all’inizio (e non hanno tutti i torti), ci dicono che nell’invito per quest’anno non c’era scritto “riservato solo a chi aveva fatto incontri dell’anno scorso”. Ma la cosa che più pesava a loro, è stata quella di non poter fare gli incontri nello stesso tempo dei figli. Le famiglie erano mortificate e non sapevano come spiegare ai loro figli questa “separazione forzata”!

Personalmente, vedendo queste reazioni ho pensato che se questo è il cammino e le risposte da dare alle famiglie sono così tassative, io non mi ci identifico e quindi, forse, in questo cammino io non posso dare il mio contributo.

Le chiedo un consiglio perché sono dibattuto tra lo sbarramento chiesto dal parroco e il pensare che siamo ancora gruppo di prova e come tutte le cose sperimentali si dovrebbe procedere con pazienza per trovare una soluzione intermedia come quella proposta dai genitori di fare qualche incontro in più.

Nella nostra parrocchia è stata mantenuta l’assoluta libertà di partecipare e di aderire, ma nessuno ha detto ai genitori che la libertà si riferiva a quando voler iniziare il cammino con il proprio figlio. Una proposta poi fatta dal nostro parroco è stata di partire l’anno prossimo con il cammino di prima evangelizzazione del fratellino. Io invece mi chiedo se non dovremmo dare un po’ di tempo e accompagnare con indulgenza i genitori in questo cambiamento. Sono veramente in crisi, non condivido le risposte del parroco e questo sbarramento assoluto al primo tempo dove, noi per primi, caso mai, abbiamo mancato di essere chiari e trasparenti.

Vorrei un suo consiglio perché non so come arrivare a un dialogo con queste famiglie rispettando le indicazioni diocesane. Anche se mi chiedo: abbiamo bloccato queste famiglie perché non hanno aderito al cammino dello scorso anno e che dire di una famiglia che si è presentata solo alla celebrazione di inizio al primo discepolato senza aver partecipato a nessun incontro? Che dire di altre due famiglie che l’anno scorso hanno fatto solo un incontro su sei programmati?

Grazie mille.

 

LA RISPOSTA DI DON GIORGIO

Carissimo accompagnatore,

la sua e-mail mi ha molto sorpreso e, ancor di più, amareggiato. In effetti, credevo che la cura e le vive raccomandazioni profuse durante i corsi per gli accompagnatori dei genitori, riuscissero a scongiurare episodi spiacevoli e tristi come quelli che lei riferisce. Ma addentriamoci meglio nella questione, e desidero farlo con una placida premessa.

Nella sua e-mail fa riferimento alla mancanza di iniziali indicazioni diocesane. Al riguardo, voglio precisare che, a livello diocesano, né attraverso documenti, né verbalmente nel corso degli incontri si è mai sostenuto che i genitori fossero obbligati a partecipare fin dal primo tempo (prima evangelizzazione) al percorso pensato per loro. Certo, la partecipazione è vivamente caldeggiata: sarebbe auspicabile che i genitori seguissero i figli fin dalle prime tappe, essendo loro i primi educatori, anche nella fede. Ma l’auspicio non è un obbligo. Chi, pertanto, ritiene che il percorso di accompagnamento debba iniziare obbligatoriamente dal primo anno, non ha ben compreso il senso del coinvolgimento genitoriale.

Ribadisco, quindi, che per i genitori la partecipazione al cammino dei figli non è obbligatoria, ma nasce da una loro presa di coscienza libera nell’aver compreso che l’accompagnare i propri figli è fondamentale oltre che bello e piacevole, e non può essere un cammino catechistico che devono compiere obbligatoriamente dalla prima tappa, come intende il suo parroco. Non vogliamo che i genitori tornino a catechismo! Al centro del cammino devono rimanere i figli.

La proposta che viene fatta ai genitori è solo una possibilità in più, libera, importante e unica per riprendere in mano, se lo vorranno, la propria vita di fede, il proprio rapporto con Dio, o in alcuni casi farlo nascere per essere capaci di condividerlo a loro volta con i figli.

Tutto questo può avvenire solo in un clima di libertà e gratuità, per cui i genitori sono liberi di iniziare anche nel secondo anno, se nel primo non hanno avuto modo di farlo perché non ne hanno capito l’importanza o per tantissimi altri motivi, che a volte bisognerebbe conoscere e accogliere. Irrigidirsi e pretendere che i genitori facciano il cammino completo creando tensioni e malcontento anche nei bambini, come mi pare stia succedendo, mi sembra che rischi di complicare e appesantire una proposta che vuol essere leggera e, soprattutto, che vuol dare un’immagine di comunità cristiana accogliente, empatica e vicina al mondo degli adulti. Mi sembra, caso mai, che si esprima il volto di una chiesa chiusa, non inclusiva, direttiva e solo preoccupata di salvare uno schema.

E, dunque, cosa fare con questi genitori, che addirittura sarebbero disposti a fare anche due anni in uno? La soluzione è quella di accoglierli senza riserve. Per loro si aprirà una possibilità di cammino personale da quest’anno, e di questo ringraziamo il Signore. Agli altri genitori, se ce ne sarà bisogno, si spiegherà che non per tutti l’itinerario di fede è uguale.

La proposta, poi, come dice saggiamente lei, è in via sperimentale, non solo per i contenuti, ma anche per le tappe, per cui nei prossimi anni si avrà modo di verificarla e caso mai di migliorarla. In ogni caso, questo non cambia nulla sullo stile di accoglienza da avere.

Sulla questione dei fratelli, l’orientamento è di invitare i genitori a fare una sola volta il percorso. Se poi qualche genitore volesse ripeterlo per non fare preferenze, si rispetterà favorevolmente la loro scelta.

Spero di esserle stato di aiuto e le consiglio di parlare al più presto con il parroco, perché non si creino altre incomprensioni e complicazioni, dando motivo ad altri genitori di allontanarsi dalla parrocchia.

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