Speciale Catechisti / MAGGIO 2015

Cambiare mentalità, cambiando i termini

 

Nelle prossime settimane, se non è già successo, in molte parrocchie si celebrerà la cosiddetta “chiusura dell’anno catechistico”. I catechisti riservano grandi energie alla preparazione dell’evento, e magari anche alla ricerca di un “segno” originale da lasciare ai ragazzi in ricordo dell’anno trascorso.

La chiusura, tuttavia, rischia di diventare sempre più spesso un’usanza tradizionalmente ripetuta, senza riflettere adeguatamente sulle eventuali conseguenze che la stessa comporta a livello di convinzioni e quindi di mentalità nei ragazzi e nei genitori.

Varrebbe la pena invece di farlo, soprattutto tenendo presente il nuovo cammino dell’iniziazione cristiana scelto dalla nostra diocesi.

Il primo aspetto da considerare è l’uso della terminologia: chiusura dell’anno. L’espressione è legata alla mentalità scolastica, che prevede un inizio e una fine, e nel mezzo lo svolgimento di un percorso per apprendere le conoscenze che consentono di passare all’anno successivo. 

Legato alla scuola è anche il periodo in cui questo appuntamento si vive: la fine di maggio o i primi di giugno, tempo in cui anche l’impegno scolastico si va concludendo, per poi aprirsi alla meritata pausa delle vacanze.

Chiudere dice che qualcosa finisce, sia essa la scuola o un altro impegno. Sappiamo invece che è necessario descolarizzare il cammino di catechesi, perché non sia scandito da tempi e metodi scolastici. I bambini che vi partecipano non devono avere la sensazione di tornare a scuola con una maestra, un quaderno e un libro, vivendo un’ora di lezione. Tutto questo rimanda alla scuola così come la chiusura, o l’apertura, se c’è stata, dell’anno catechistico.

Il cammino di iniziazione cristiana va oltre i tempi e le modalità scolastici e anche il semplice incontro di catechesi. Il cammino non può concludersi solo perché la scuola finisce, ma deve continuare perché anche le attività estive parrocchiali, a cominciare dal grest, possono essere delle ottime occasioni per introdurre i bambini alla vita cristiana.

Soprattutto attraverso i campiscuola parrocchiali o diocesani si può far vivere ai bambini e ragazzi una delle esperienze più profonde di iniziazione cristiana in cui si sperimenta la chiesa e si incontra Gesù.

Continuare, quindi, a mantenere l’appuntamento della chiusura dell’anno catechistico non aiuta ad assumere, da parte dei catechisti e dei genitori, due criteri fondamentali del nuovo impianto di iniziazione cristiana.

Il primo è che a iniziare i bambini alla vita cristiana non sono solo gli incontri di catechesi, ma è l’intera vita della comunità, fatta anche di momenti liturgici e soprattutto di esperienze di carità e testimonianza. Il secondo, ribadito tante volte, è che chi inizia alla vita cristiana non sono solo i catechisti, ma è l’intera comunità educante che comprende tante figure di educatori inseriti nel tessuto parrocchiale e che interagiscono con i ragazzi in varie occasioni.

Per superare l’espressione “chiusura dell’anno catechistico” non solo è necessario a cominciare a eliminarla dal vocabolario di catechisti e parroci, ma è necessario anche tener presenti e valorizzare sempre di più le celebrazioni dei riti, previsti nel nuovo percorso che, pur scandendo le tappe del cammino, aiutano a non far passare l’idea che a fine maggio la vita cristiana va in vacanza.

Giorgio Bezze

 

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