Alcune settimane fa su Settimana, nota rivista di formazione per il clero, è apparso un articolo di fratel Enzo Biemmi che commentava l’indagine sul rinnovato cammino di iniziazione cristiana ispirato al catecumenato, avvenuta nella diocesi di Brescia, dopo dieci anni di sperimentazione. Alcuni hanno interpretato le parole di Biemmi come una marcia indietro da parte della diocesi di Brescia, rispetto alle scelte fatte sul cammino di iniziazione cristiana. Abbiamo chiesto direttamente a fratel Enzo se questa è stata la giusta interpretazione delle sue parole, o se invece è stata un’ulteriore occasione per esprimere perplessità e poca convinzione verso la scelta fatta dalla nostra chiesa di Padova.
«Una scelta che lascerà il segno». È con questa espressione che, il 9 febbraio 2013, presente il vescovo Antonio e numerosi sacerdoti e catechisti, commentavo la scelta di rinnovamento dell’iniziazione cristiana che la diocesi di Padova coraggiosamente avviava. A distanza di quasi tre anni i “segni” del cammino si cominciano a sentire: soddisfazione, primi risultati, più di una fatica, qualche vescica ai piedi e, perché no, in qualcuno anche dei ripensamenti. È normale ogni volta che si intraprende una strada nuova: anche se la cartina era stata tracciata bene (il progetto con le sue tappe), il paesaggio reale poi risulta diverso da quanto immaginato, a tratti più bello, a tratti più ripido.
Vorrei allora dirvi una parola di incoraggiamento, a voi catechisti e sacerdoti impegnati in questa fatica. Non è bene, una volta messa mano all’aratro, voltarsi indietro. È invece una scelta adulta e responsabile saper perseverare, verificare costantemente il cammino, operare gli aggiustamenti che l’esperienza suggerisce. Troppe volte nei progetti pastorali abbiamo buone idee, iniziamo con entusiasmo e poi di fronte alle difficoltà indietreggiamo, arrivando a dire: “non era una buona idea”, attribuendo cioè al progetto quello che invece è solo da ascrivere al prezzo da pagare per ogni cambiamento. Soltanto sulla lunga distanza si potranno raccogliere i frutti, se Dio vorrà. Quali?
Una recente indagine di una grande diocesi, quella di Brescia, dopo dieci anni di cammino con il rinnovamento dell’iniziazione, il riordino dei sacramenti (battesimo, cresima e eucaristia) e la celebrazione unitaria degli ultimi due, ci può essere di aiuto. In chi ha già perseverato per un pezzo di strada significativo, i frutti che si vedono, pian piano, sono tre.
a) I ragazzi. Apparentemente finita l’iniziazione se ne vanno come prima, due su tre, e questo può far concludere che è stato lavoro inutile. Ma la presa di distanza dei ragazzi dalla chiesa e dalla fede è un processo fisiologico. Importa capire come se ne vanno. Ora, proprio la proposta rinnovata fa sì che se ne vadano con l’immagine negli occhi di genitori (i loro e quelli dei loro coetanei) che si sono incontrati per parlare della fede, si sono trovati attorno alla parola di Dio, hanno condiviso la loro esperienza dentro la comunità ecclesiale, hanno partecipato qualche volta con loro all’eucaristia. Possiamo sperare che questo abbia l’effetto di farli uscire da quel metamessaggio che essi prima coglievano chiaramente, perché non sono stupidi, vale a dire che la fede è una cosa utile fin che si è bambini. Se si vuole diventare grandi, occorrerà lasciarla perdere, come i loro genitori. Se si allontanano con l’esperienza che la fede è una cosa da grandi e che la comunità ecclesiale è stata con loro accogliente e significativa, noi possiamo sperare che questo sia la base per i loro futuri ritorni, quando e come Dio vorrà.
b) I genitori. Il percorso rinnovato di iniziazione cristiana contribuisce a riappacificare con la comunità cristiana i genitori in qualche modo più vicini e a riaprire in alcuni di loro il cammino di fede. Potremmo rammaricarci del fatto che non basta rinnovare l’iniziazione cristiana per avvicinare gli adulti più lontani dalla chiesa. Questo dato, lungi dal rimettere in questione il modello intrapreso, insegna che bisogna rinnovare tutta la pastorale di una parrocchia in senso missionario, che l’iniziazione cristiana non può essere lasciata da sola. Ma se avviene che genitori dalla fede assopita riprendono il loro percorso di credenti, allora possiamo dire che un primo grande obiettivo è raggiunto, e non è un obiettivo da poco.
c) La comunità cristiana, cioè i preti, i consigli pastorali, i catechisti e indirettamente la comunità parrocchiale. Non si rinnova veramente se rinnovando un modello questo non rinnova coloro che lo propongono. Al di là degli effetti sui ragazzi e sui loro genitori, questo cantiere aperto ha rimesso in moto la comunità ecclesiale, ha restituito fecondità a un grembo da troppo tempo sterile. Se questo avviene, allora vale veramente la pena continuare con perseveranza e impegno.
Il rinnovamento dell’iniziazione cristiana non si risolve solo cambiando un modello, ma dando forma a un nuovo volto di chiesa che vive e propone la fede come grazia di umanità. Solo così esso diventa una strada concreta di secondo primo annuncio per tutti: genitori e ragazzi, parroci, catechisti, consigli pastorali, il vescovo e i suoi collaboratori. È questo l’obiettivo vero del rinnovamento dell’iniziazione cristiana. La diocesi di Brescia ha deciso di continuare il cammino. Auguro a tutti voi di fare altrettanto, con fiducia e perseveranza.
Speciale Catechisti / NOVEMBRE 2015
fratel Enzo Biemmi