Un tempo per “intrecciare” lo spirito del Vaticano II con il cammino della diocesi
Il Concilio sta ancora davanti a noi
Durante l’assemblea straordinaria del sinodo dei vescovi sul tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”, il prossimo 11 ottobre, Benedetto XVI aprirà ufficialmente l’Anno della fede. La data scelta non è un caso, infatti lo stesso giorno ricorre l’anniversario dei cinquant’anni dall’apertura del concilio Vaticano II e dei vent’anni della pubblicazione del Catechismo della chiesa cattolica. «Ho ritenuto – dice il papa – che far iniziare l’Anno delle fede con questo anniversario, possa essere un’occasione propizia per comprendere che i testi lasciati in eredità dai padri conciliari, secondo le parole del beato Giovanni Paolo “non perdono il loro valore, né il loro smalto”. Se infatti lo leggiamo e recepiamo guidati da una giusta ermeneutica, esso può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della chiesa».
E sono proprio la ricerca e l’impegno per il cambiamento che legano strettamente tutti i documenti conciliari. Un cambiamento che non tradisce minimamente l’originalità del messaggio evangelico, anzi lo rende più attuale, comprensibile e desiderabile. Un cambiamento che, senza stravolgere il cuore della rivelazione, chiede però che venga riespressa con un linguaggio aggiornato, e plausibile dentro alle sfide attuali.
Lumen gentium, Sacrosantum concilium, Gaudium et spes, Dei verbum sono alcuni dei titoli che racchiudono in una lingua antica la novità della chiesa presente. Questa non ha mutato solo lingua, stile, registro, segni e gesti, ma le forme hanno potuto cambiare perché contemporaneamente si sono avviati anche ripensamenti di sostanza, come emerge proprio dai documenti conciliari. In essi la chiesa si riconosce a tutti gli effetti parte integrante della famiglia umana, della quale condivide gioie e speranze, ma anche dolori e angosce. Emerge una chiesa che bandisce ogni trionfalismo ed egemonia sul mondo, per essere solidale o meglio, come dicono i testi, conjuncta, con il mondo, fermento e quasi anima del mondo. Una chiesa che deve come il suo Signore comprendersi e agire come serva della famiglia umana, ed essere, come diceva mons. Tonino Bello, una chiesa col grembiule.
Ed è per questo che la chiesa del Concilio vede l’annuncio cristiano non come un rifugio dalla storia, ma come un suo diretto impegno e non solo nella piccola storia di un singolo stato, ma soprattutto nella grande avventura della famiglia umana.
Dal Concilio emerge anche una volontà di dialogare con il mondo, facendosi a sua volta interrogare da quanto di positivo riesce a percepire all’esterno di se stessa. Ogni voce, ogni esperienza umana, va ascoltata con attenzione da qualunque parte provenga, e valutata alla luce del vangelo. Ascoltare i segni dei tempi: era questo l’invito dei documenti conciliari rivolto a tutta la chiesa fatta di laici e consacrati.
Tutto questo, pensando all’impegno urgente per la nuova evangelizzazione che attende la chiesa, è quanto mai attuale e ci ricorda che il messaggio del concilio Vaticano II è ancora tutto davanti a noi. Molto è stato fatto in questi anni, molti passi la chiesa ha compiuto, ma molti ne restano ancora da fare. Anche oggi infatti la chiesa deve impegnarsi per rendere plausibile e desiderabile il messaggio evangelico, cercando linguaggi adeguati che sappiano parlare alla vita delle persone con le parole di vita del vangelo. Ancora di più deve essere una chiesa che nell’annuncio del vangelo non desideri indottrinare, né tantomeno proporre una ideologia religiosa, ma voglia raggiungere l’uomo nell’intimo di se stesso, nel luogo dove egli è alle prese con la sfida fondamentale che è il semplice fatto di esistere. Questo vuol dire per ogni cristiano rendere possibile in lui la fede nella bontà innata della vita e suscitare così il coraggio di affrontare l’avventura unica della sua esistenza.
In definitiva serve una chiesa che fa comprendere come Dio si rivela a noi, non tanto come a dei sudditi, ma come amici con cui entrare in relazione, e creare comunione.
Il messaggio del Concilio ancora oggi invita la comunità ecclesiale a essere capace di maggior ascolto nei confronti del mondo, scoprendo gli innumerevoli semi del verbo presenti in ogni uomo e in ogni esperienza umana. Serve una chiesa che sa convertirsi sulla strada tracciata dal Concilio in modo da portare frutti abbondanti quali il dialogo interreligioso, la ricerca della verità, l’impegno a ravvivare l’azione pastorale, rivedendo gli strumenti maturati durante la sua tradizione e, in particolare, il primo annuncio, l’iniziazione cristiana e l’educazione cercando di adattarla alle attuali condizioni culturali e sociali. Davvero il Concilio sta ancora davanti a noi!
È su questo sfondo che anche la nostra chiesa di Padova inizierà ufficialmente sabato 13 ottobre, attraverso l’assemblea diocesana, il nuovo anno pastorale. Sarà un anno che metterà ancora al centro il ripensamento dei cammini di iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi, con particolare attenzione alla formazione degli accompagnatori degli adulti e vedrà il rinnovo degli organismi di comunione pastorale. Un tempo, quindi, favorevole per vivere lo spirito del concilio Vaticano II e per impegnarsi concretamente nella nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana agli adulti e alle nuove generazioni.
Giorgio Bezze
direttore dell’ufficio diocesano per la catechesi
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