SPECIALE CATECHISTI
Dicembre 2015
La bellezza e l’importanza dei riti domestici
di Giorgio Bezze
I tragici fatti delle ultime settimane portano nel mostro cuore una profonda tristezza unita ad un sentimento di paura che induce a chiudersi nel nostro piccolo mondo. Il tempo di Avvento che abbiamo iniziato invece, ci invita ad alzare il capo a non lasciarci cadere le braccia, ma a guardare nonostante tutto la vita con fiducia e speranza. A far eco a questo invito liturgico c’è l’esortazione di Papa Francesco a non chiudere le porte delle nostre chiese, ma ad aprirle senza paura per renderle accoglienti, ma soprattutto ad aprire le porte del nostro cuore perché non venga avvelenato dall’odio e velato dallo scoraggiamento.
Gesù nasce per tutti e a tutti porta la pace, come educatori alla fede siamo chiamati a facilitare l’incontro di piccoli e di grandi con il mistero di un Dio che si fa piccolo e fragile attraverso la nostra testimonianza. Così facciamo pure il presepe nelle nostre case, ma prepariamolo solo se prima nel nostro cuore ha trovato posto Gesù, altrimenti facciamo solo folklore o peggio rischiamo di strumentalizzare uno dei segni più sacri del cristianesimo, solo per fini ideologici.
Giorni fa un mio amico mi raccontava che quando era piccolo sua mamma predisponeva un centro tavola con quattro candele come quattro sono le domeniche di Avvento. Prima del pranzo della domenica lui con i fratelli accendevano le candele che segnavano il passare dei giorni e rinvigorivano l’attesa del Natale. Un gesto molto semplice, ma che si è impresso nella sua memoria di bambino. Così ancora oggi quando il mio amico si ritrova nella casa dei suoi genitori nel tempo dell’Avvento aspetta che su quella tavola ci siano ancora le quattro candele. E così accade. Per questo poi mi diceva che se dovesse dire come avesse fatto a interiorizzare l’attesa del Natale, il contare i giorni e come ha fatto a comprendere la pregnanza e il legame con il tempo liturgico della Chiesa con il tempo della casa e della vita, si sentirebbe di rispondere così: “è bastato un centro tavola!”.
La trasmissione della fede ha bisogno di riscoprire e rafforzare i riti di famiglia e i momenti domestici perché un’autentica iniziazione alla vita cristiana e alla fede avviene soprattutto con papà e mamma, in famiglia. La famiglia è infatti Chiesa domestica e ha linguaggi e tempi propizi per trasmettere la fede. Sono poi convinto che occorre “liberare” il canale affettivo della trasmissione della fede che lascia segni molto più profondi di quanto possiamo immaginare e più di quanto alle volte non faccia un linguaggio solo verbale.