Abitualmente l’avvicinarsi del tempo della quaresima, ci porta a pensare alla penitenza necessaria alla nostra purificazione: abbiamo peccato quindi in questo periodo dobbiamo fare penitenza per tornare puri. In realtà sarebbe molto più giusto e anche molto più efficace impegnarci nell’amare di più.
Conosciamo bene in teoria, anche se spesso non lo sappiamo calare nella pratica che il primo e più grande comandamento è “amare Dio”.
Conosciamo bene in teoria, anche se spesso non lo sappiamo calare nella pratica, che il primo e il più grande comandamento è “amare Dio”. Conosciamo a memoria il passo del Deuteronomio: “Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze” richiamato poi dal Vangelo nell’incontro tra Gesù e il giovane ricco. Ma quanto questo ha inciso e incide nella nostra vita pratica? Perché siamo così restii a fare il possibile e l’impossibile per osservare questo comandamento che ci viene presentato da Dio stesso come il più importante, anzi come l’unico che compendia tutti gli altri?
Troppe volte non abbiamo le idee chiare sull’amore e lo confondiamo con un sentimento e quindi ci giustifichiamo sostenendo che non lo possiamo “volere”. E questo sia nei confronti del nostro prossimo, sia nei confronti di Dio, perché sperimentiamo ogni giorno la nostra natura fragile e come gemeva S. Paolo: “io so infatti che in m, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me un desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio”, (Rm 7,18-19)
Ma lo stesso Paolo offre la chiave per capire e risolvere il problema: “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”(Rm 5,5).
In pratica dobbiamo credere che l'amore, come del resto la fede, è un dono che Dio ci ha “già' fatto, sicuramente, attraverso lo Spirito Santo che ci è stato dato nel Battesimo e nella Confermazione, però ci è stato dato come un germe da fare sviluppare e non come un albero nel pieno rigoglio. E questo che ci stupisce e ci scoraggia. Ma perché non ci stupiamo che una persona nasca bambina e debba lentamente crescere? Di più, perché non ci stupisce il fatto che anche l'intelligenza ci è data come una potenza che poi noi stessi dobbiamo contribuire a fare crescere e sviluppare usandola, cioè sforzandoci di conoscere, di apprendere, di esercitare la mente, di agire in modo intelligente?
La difficoltà sta proprio qui: non siamo disposti a fare, e quindi non ci sforziamo di fare quegli atti di amore che farebbero crescere in modo esponenziale il nostro amore, lo renderebbero sempre più forte, più vivo, più personale, più maturo, più stabile, guarendoci definitivamente da quelle fluttuazioni della natura che sono il segno più evidente del fatto che l'asse intorno a cui ruota la nostra vita non è Dio ma il nostro io. E questo che ci rende tanto difficile l'amore vero e soprattutto è questo che ingrandisce enormemente le nostre difficoltà. S. Giovanni Crisostomo nella sua Omelia sulla Lettera agli Ebrei (13) dice: «Nessuna cosa ti apparirà difficile, se soltanto vorrai davvero metterla in pratica. Quando c'è la volontà, infatti, qualsiasi cosa, con l'aiuto della grazia celeste, diviene possibile. Cerchiamo allora di nutrire una sincera volontà a compiere il bene». È dunque importante mettere alla base del nostro impegno quaresimale, e di tutta la nostra vita, la volontà di amare davvero Dio e il prossimo, perché in questo consiste l'amore ed è solo questo che ci unisce a Dio. Se vivremo il nostro cammino quaresimale con il desiderio sincero di avanzare con amore verso l'Amore, la nostra fatica invece che un arido dovere si trasformerà nell'esperienza intima e personale di un incontro che ci colmerà di una gioia appagante e dilatante.
Conosciamo bene in teoria, anche se spesso non lo sappiamo calare nella pratica che il primo e più grande comandamento è “amare Dio”.
Conosciamo bene in teoria, anche se spesso non lo sappiamo calare nella pratica, che il primo e il più grande comandamento è “amare Dio”. Conosciamo a memoria il passo del Deuteronomio: “Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze” richiamato poi dal Vangelo nell’incontro tra Gesù e il giovane ricco. Ma quanto questo ha inciso e incide nella nostra vita pratica? Perché siamo così restii a fare il possibile e l’impossibile per osservare questo comandamento che ci viene presentato da Dio stesso come il più importante, anzi come l’unico che compendia tutti gli altri?
Troppe volte non abbiamo le idee chiare sull’amore e lo confondiamo con un sentimento e quindi ci giustifichiamo sostenendo che non lo possiamo “volere”. E questo sia nei confronti del nostro prossimo, sia nei confronti di Dio, perché sperimentiamo ogni giorno la nostra natura fragile e come gemeva S. Paolo: “io so infatti che in m, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me un desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio”, (Rm 7,18-19)
Ma lo stesso Paolo offre la chiave per capire e risolvere il problema: “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”(Rm 5,5).
In pratica dobbiamo credere che l'amore, come del resto la fede, è un dono che Dio ci ha “già' fatto, sicuramente, attraverso lo Spirito Santo che ci è stato dato nel Battesimo e nella Confermazione, però ci è stato dato come un germe da fare sviluppare e non come un albero nel pieno rigoglio. E questo che ci stupisce e ci scoraggia. Ma perché non ci stupiamo che una persona nasca bambina e debba lentamente crescere? Di più, perché non ci stupisce il fatto che anche l'intelligenza ci è data come una potenza che poi noi stessi dobbiamo contribuire a fare crescere e sviluppare usandola, cioè sforzandoci di conoscere, di apprendere, di esercitare la mente, di agire in modo intelligente?
La difficoltà sta proprio qui: non siamo disposti a fare, e quindi non ci sforziamo di fare quegli atti di amore che farebbero crescere in modo esponenziale il nostro amore, lo renderebbero sempre più forte, più vivo, più personale, più maturo, più stabile, guarendoci definitivamente da quelle fluttuazioni della natura che sono il segno più evidente del fatto che l'asse intorno a cui ruota la nostra vita non è Dio ma il nostro io. E questo che ci rende tanto difficile l'amore vero e soprattutto è questo che ingrandisce enormemente le nostre difficoltà. S. Giovanni Crisostomo nella sua Omelia sulla Lettera agli Ebrei (13) dice: «Nessuna cosa ti apparirà difficile, se soltanto vorrai davvero metterla in pratica. Quando c'è la volontà, infatti, qualsiasi cosa, con l'aiuto della grazia celeste, diviene possibile. Cerchiamo allora di nutrire una sincera volontà a compiere il bene». È dunque importante mettere alla base del nostro impegno quaresimale, e di tutta la nostra vita, la volontà di amare davvero Dio e il prossimo, perché in questo consiste l'amore ed è solo questo che ci unisce a Dio. Se vivremo il nostro cammino quaresimale con il desiderio sincero di avanzare con amore verso l'Amore, la nostra fatica invece che un arido dovere si trasformerà nell'esperienza intima e personale di un incontro che ci colmerà di una gioia appagante e dilatante.