Anche quest’anno ho accompagnato un gruppo di ragazzi che si preparavano a ricevere il Sacramento della Confermazione. Permettettemi di dire che è stato come vivere una piccola Pentecoste insieme a loro circa un mese fa. Oltre a questo, ogni volta mi meraviglia vedere come il cammino accanto a un guppo che si prepara a ricevere un Sacramento è un’ esperienza impegnativa e, allo stesso tempo, coinvolgente. Mi accorgo che “mettendomi in gioco” in verità ricevo più di quanto mi sforzi di dare: è un tempo prezioso per poter fare memoria, riapprioprarmi del dono che anch’io ho ricevuto molto tempo fa, è come “scartare” di nuovo il regalo e gustare ancora la sorpresa che c’è dentro. È insomma, rivivere la grazia e la gratuità di quel momento.
Mi sorprende anche sperimentare come la nostra fede, spesso sottoposta a momenti di oscurità, di incertezza e di dubbio, sia una risorsa che si fortifica e si moltiplica quando la condividiamo in Comunità, quando siamo disposti a donarla narrandola agli altri, tanto che ci viene restituito il centuplo in Grazia e Spirito in cambio di quel poco che con gratuità abbiamo donato.
Mi piace pensare che attraverso il rito della Confermazione, nei segni dell’unzione e dell’imposizione delle mani, Dio Padre, donandoci il suo Spirito, ci benedica, ci consacri e ci invii ad occupare il nostro posto nella comunità cristiana nella quale, già innestati con il Battesimo, possiamo trovare un luogo favorevole dove poter accogliere e custodire i talenti, le capacità che lo Spirito Santo stesso farà fruttificare in noi.
La nostra fede, che i nostri genitori hanno chiesto per noi nel Battesimo, è come un piccolo seme che va coltivato e che ha bisogno di essere continuamente concimato dalla preghiera, dalla Parola e va irrigato dallo Spirito, per diventare una pianta che fiorisce a suo tempo e i cui frutti prenderanno forma e colore diversi in ciascuno.
Mi sono sempre chiesta come mai si parli di frutti dello Spirito (amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé), e non di opere dello Spirito, mentre altrove invece si elenca le opere della carne.
Ebbene Paolo, nella lettera ai Galati parla di frutto dello Spirito per sottolineare che esso non è un atteggiamento che dipende dai nostro sforzi ma è un qualcosa di gratuito, che nasce e cresce indipendentemente dalla nostra volontà, ed è fonte di sorpresa e di gioia perchè bello da vedere, da gustare e da condividere.
Lo Spirito Santo, questo personaggio un pò misterioso e difficile da immaginare, mi piace pensarlo come una presenza invisibile e discreta di cui però si possono cogliere gli effetti: esso è come il vento, invisibile agli occhi, ma di cui avvertiamo la presenza quando ci accarezza il viso, quando ci sposta i capelli. È come l’amore, che fa aumentare il battito del cuore e che si manifesta quando viene comunicato attraverso i gesti e le parole: esso non si vede, ma una carezza, un bacio, un abbraccio sono i segni che lo rendono presente.
In Comunità, in famigilia, al lavoro, i frutti dello Spirito sono doni indispensabili da condividere con gli altri affinchè le nostre relazioni siano belle, gioiose e significative.
Sono frutti che si manifestano negli atteggiamenti di chi li possiede: sono atteggiamenti del cuore, come l’ amore e la gioia, e riguardano il nostro modo di dialogare e di accogliere gli altri, come la benevolenza, la mitezza e il dominio di sé.
L’ amore è frutto di un cuore sensibile e cordiale, non concentrato su se stesso, attento e capace di intuirne le sofferenze e i bisogni altrui, senza perdere fiducia di fronte alle delusioni o alle amarezze.
In un mondo dove spesso regna la tensione e la sfiducia, dove i rapporti sono frettolosi e tesi, la gioia è il frutto che rende luminoso anche il gesto più semplice, è la sorgente della bontà ed è fonte di serenità e di sorriso. Essa ci rende lieti anche nelle situazioni di difficoltà e di prova: la presenza della gioia in una decisione che abbiamo preso, in una persona, nella stessa Comunità, ci dice qualcosa anche sulla presenza o no dello Spirito, perché di esso ne è il segnale.
La paceè la serenità che deriva dalla mancanza di inquietudine perché il proprio cuore riposa in Dio; essa porta ad andare oltre alla paura e alla diffidenza, a sentirsi familiare con chi gli è accanto, e rende capaci di “smussare gli angoli” nelle relazioni difficili..
La benevolenza è la capacità di far sentire gli altri accolti e “a proprio agio”, amati e benvoluti, ed al giorno d’oggi, dove l’altro viene sentito come una minaccia, è una preziosa virtù.
Anche la mitezza, che nel mondo è disprezzata perché identificata con debolezza, insieme al dominio di sé, credo siano invece virtù preziose ed essenziali in qualsiasi rapporto sociale, perché capaci di spegnere la collera nostra e altrui grazie alla dolcezza e allla ragionevolezza, e dimostrano cura e attenzione nel non voler ferire l’altro.
Infine la fedeltàè quell’atteggiamento rivolto verso Dio e verso i suoi doni, ma anche nei riguardi delle promesse e degli impegni presi nei confronti della Comunità dei fratelli.
I frutti dello Spirito, quindi, non sono che la manifestazione di un dono ricevuto ed accolto, quello della presenza del Risorto, non più visibile in carne ed ossa come un tempo, ma comunque vivo e presente e capace di rigenerarci a nuova vita.
Dopo la sua Risurrezione Gesù è apparso di persona più volte ai suoi discepoli e in luoghi diversi e prima di tornare al Padre ha promesso che sarebbe stato con noi tutti i giorni fino alla fine del tempo. Ebbene, la festa della Pentecoste è la manifestazione di un Dio che scende ancora una volta per incontrare noi, la sua creatura, e stabilire in noi la sua dimora – come ci ricorda l’antifona d’ingresso -, è un Dio che che non ci lascia soli, ma che sceglie di vivere in noi per poter essere da noi donato al mondo.
Allora credo sia questa la missione della Chiesa: portare l’uomo di oggi ad incontrare Gesù proprio attraverso le persone che credono in lui, che hanno il suo stesso modo di sentire, di agire e di pensare, che portano in loro i frutti del Suo Spirito.
Concludo condividendo con voi un pensiero di Adriana Zarri che mi è molto piaciuto che diceva più o meno così: “Lo Spirito Santo è colui che prepra nel nostro cuore il nido, il talamo in cui il Signore vuole venire a donarsi a noi, per essere un tutt’uno con noi, perché è lo Spirito Santo che ci rende disponibili ad accoglierlo”.
Sia questo l’augurio e la preghiera per noi tutti in questa Pentecoste.
Buon cammino, insieme.
Alessandra Cipolotti
Riferimenti bibliografici:
– Carlo Maria Martini, I Frutti dello Spirito nella vita Quotidiana
– Adriana Zarri, Nostro Signore del deserto