In questi ultimi tempi c’è una preoccupazione che sta crescendo sempre più in molti parroci e catechisti che si traduce in un domanda frequente: mancano catechisti, come facciamo? È una situazione sicuramente problematica, che invita ad andare in profondità della questione per non affrontarla sull’onda dell’emergenza. Per questo varrebbe la pena di chiedersi come mai si fa sempre più fatica a reperire persone adulte che mettono a disposizione un po’ del loro tempo per la comunità cristiana, non solo per il servizio di catechisti, ma anche per gli altri due ambiti che costituiscono l’identità stessa della comunità: vale a dire liturgia e carità?
Si può pensare, e a ragione, che oggi la vita è molto più complessa di un tempo, e molte donne – che nel settore della catechesi sono sempre state la categoria trainante – ora sono più impegnate nell’ambito lavorativo. Ma andando più in profondità ci si accorge anche che molti adulti hanno una fede fragile, più emotiva e verbale, incapace di investire tutti i momenti della vita e non costruita su ragioni profonde. Il più delle volte è una fede vissuta in modo soggettivo, dove ognuno si costruisce un suo modo di credere, secondo criteri propri che non aiutano l’assunzione di impegni stabili. Sono adulti che molto spesso, come diceva provocatoriamente papa Francesco, preferiscono dedicare il loro tempo agli animali, piuttosto che alle persone. Chi poi intende la parrocchia solo come un luogo di servizi, è convinto che i catechisti siano una categoria inesauribile, dimenticando invece che anche loro sono adulti e che hanno le stesse difficoltà di disponibilità di tutti i genitori.
E dunque, cosa fare? Ammetto di non avere ricette già pronte che risolvono subito il problema, ma provo ugualmente a elencare alcune azioni che possono aiutare a non vedere questa situazione, per quanto complessa, solo negativamente, ma considerarla piuttosto un’opportunità per la crescita della comunità cristiana che ha come primo compito quello di generare alla fede.
La prima azione è chiedersi, con grande onestà, se come parroci e catechisti, quelli rimasti, si è fatto di tutto, a cominciare dal costruire relazioni sincere e collaborative, per creare le condizioni favorevoli affinché altri adulti o giovani possano mettersi a disposizione del servizio catechistico dei piccoli o dei genitori. Alle volte una comunità più preoccupata dell’organizzazione, che delle relazioni, non facilita nessun nuovo inserimento. La seconda azione è quella di condividere la questione con il consiglio pastorale, in modo che si possa fare un esercizio di discernimento sulle priorità della vita pastorale di una parrocchia. La terza azione è quella di non avere fretta di iniziare con il gruppo (“classe”, sigh!) sguarnito di catechisti. Spesso non dare nessun segnale d’inizio può smuovere i genitori a interrogarsi: perché quest’anno nessuno chiama per “il catechismo”? Quando poi la domanda è diventata più diffusa, è opportuno fare una riunione con tutti i genitori in modo da coinvolgerli concretamente nel problema. A questo punto le strade sono duplici. Può essere che tra i genitori, prendendo coscienza della reale situazione di bisogno, qualcuno si offra come nuovo catechista. L’altra invece è quella di propone a tutti i genitori, se veramente hanno a cuore la fede dei figli, di farsi carico personalmente dell’educazione alla vita cristiana. I genitori diventano così i primi veri catechisti dei figli. Guidati e sostenuti da un catechista, potranno offrire ai figli una spiegazione semplice del Vangelo, li introdurranno al linguaggio simbolico-rituale e li porteranno a vivere esperienze di carità. Lasciare che i genitori si facciano carico, in prima persona, dell’educazione alla fede dei figli, vuol dire, però, accettare che i numeri di partecipazione si riducano: non tutti i genitori accetteranno di farlo! Vuol dire anche assumere modi diversi di accompagnamento (non più grandi gruppi, ma di due, tre, quattro bambini), di accesso ai sacramenti (non più nello stesso giorno, ma in tempi diversi) e di verifica (non più solo il catechista, ma i genitori i catechisti e il parroco).
Giorgio Bezze