Da tempo, tra i catechisti della nostra diocesi, si parla di narrazione come modalità comunicativa nell’annuncio e nella catechesi. Il linguaggio narrativo, infatti, sta sempre più entrando nella pratica catechistica aiutando a passare da una trasmissione di contenuti astratta, deduttiva, affidata alla sola ragione, a un apprendimento di tipo esperienziale, induttivo, che valorizza la storia, i sentimenti, le emozioni, l’azione. Apprendere il linguaggio narrativo è stato l’obiettivo dei corsi di formazione di questi ultimi anni, a cui molti catechisti hanno partecipato. Durante il corso hanno conosciuto di più il Vangelo di Marco, hanno riconosciuto in quel racconto la loro storia personale e hanno appreso il metodo narrativo per poterlo applicare nell’incontro con i ragazzi.
Raccontare è importante perché attraverso il racconto la persona si rivela nel profondo dando la possibilità, a chi ascolta, di entrare nella sua storia, di immedesimarsi in ciò che viene narrato, di riconoscersi nei sentimenti, negli stati d’animo, nei legami, negli incontri, nelle gioie, nelle sofferenze e nelle paure. Gli avvenimenti narrati diventano più nostri. Ma il racconto non è solo il modo in cui si comunica qualcosa di sé e della propria vita ad altri, è anche la modalità tipica con cui la Sacra Scrittura ci parla di Dio. Il racconto è il modo caratteristico secondo cui Dio ci parla di sé attraverso la testimonianza della Sacra Scrittura. E ciò in piena coerenza con un fatto: Dio si è detto e si è dato a noi dentro la nostra storia di uomini e facendo storia insieme con noi, in modo del tutto particolare nella storia di Israele e, al massimo grado, nella storia di Gesù di Nazareth. Non a caso noi riconosciamo il “cuore” della Sacra Scrittura proprio nelle memorie evangeliche, che sono appunto racconti di quell’uomo che professiamo essere il Figlio di Dio.
La narrazione presuppone che chi racconta abbia vissuto ciò che narra, lo abbia fatto suo, lo abbia tradotto con le sue parole, abbia sperimentato sulla sua pelle ciò che dice. In definitiva, chi racconta deve essere un vero testimone. Per questo motivo nella prossima assemblea diocesana dei catechisti, sabato 3 marzo, si tornerà a mettere al centro dell’incontro la narrazione, come modalità ideale per poter annunciare il Dio di Gesù sia ai bambini che agli adulti. Un’occasione per insegnare a quanti saranno presenti le parole, i segni, i gesti per diventare capaci di raccontare ciò che Dio compie per ciascuno di noi. A introdurci nell’arte della narrazione sarà don Marco Campedelli, prete delle diocesi di Verona, insegnante di liturgia all’Istituto superiore di scienze religiose San Pietro martire. Don Campedelli, fin da bambino, è stato discepolo del maestro Nino Pozzo, formandosi nella tradizione del teatro dei burattini. Il suo impegno principale è quello di raccontare il Vangelo secondo l’Evangelii Gaudium di papa Francesco, attraverso forme sperimentali che hanno lo scopo di portare, utilizzando la poesia e il teatro, il messaggio evangelico a tutti, in modo più laico e con un linguaggio non escludente.
Giorgio Bezze