Un augurio per un NATALE vissuto IN “SEMPLICITA’ E LODE”
In questo tempo così speciale qual è il Natale, vorrei condividere con voi alcune riflessioni, che sono il frutto di esperienze, di incontri fatti nei mesi precedenti con alcuni genitori di ragazzi della catechesi, momenti in cui mi sono lasciata commuovere, toccare e anche meravigliare dall’ascolto e dalla condivisione di “piccoli frammenti di vita” che sempre rivelano l’impronta di Dio.
A queste famiglie che ho incontrato, a quelle che incontrerò, guardando a quella di Nazareth, vorrei dedicare un pensiero, che spero risuoni anche come un affettuoso augurio per vivere questo tempo prezioso in semplicità e lode…
Vivere la semplicità… dei gesti e dei momenti…
“Vieni con me in sacrestia, che ti faccio vedere la mia tunica di chierichetto!” – ha detto un giorno mio figlio di 8 anni, al suo compagno di scuola. Entrando in chiesa, dopo il segno di croce, con le mani giunte ha fatto un piccolo inchino davanti all’altare, poi è salito i gradini del presbiterio per dare un “bacio di saluto” – così lo chiama – sui piedi di Gesù nella Croce.
“Alessandra, io non so fare quel segno che ha fatto Giovanni, mia mamma e mio papà sono “mezzi non credenti”, mi insegni come si fa?” – mi ha chiesto quel giorno l’amico… Questa domanda mi ha commosso e mi risuona ancora nel cuore: mi fa ripensare all’ importanza che hanno anche i nostri gesti per generare alla fede. Infatti, come quando i bambini “balbettano” le prime parole imitando il suono che sentono pronunciare dagli adulti, così è anche per i primi gesti della fede, – per esempio il segno di croce -: essi si apprendono per imitazione, per “contagio” si ricevano dal papà e dalla mamma, come il latte, che li nutre, come le carezze che testimoniano la cura e l’amore.
Se prendiamo in mano i Vangeli, non troviamo scritto molto riguardo all’infanzia di Gesù, fatta eccezione per la presentazione al tempio, o per l’episodio di lui ormai dodicenne tra i dottori; dei 30 anni che precedono la Sua missione, non sappiamo quasi nulla, come mai? Il Figlio di Dio ha scelto di venire a noi assumendo le vesti di un bambino e durante i primi anni della sua vita, ha mangiato, dormito, giocato come un qualsiasi fanciullo che vive la sua vita all’interno di una famiglia; questo periodo di cui non sappiamo nulla, non è stato una perdita di tempo, un errore: è stato, io credo, un allenamento alla Testimonianza. Mi piace pensare allora, che anche le nostre famiglie siano una “palestra” per i nostri figli per allenarli al servizio, alla condivisione, all’amore. Nella semplicità delle attività ordinarie, in virtù anche della relazione che abbiamo con loro, noi genitori abbiamo la possibilità di trasmettere ai nostri ragazzi valori e contenuti, senza bisogno di tante parole ma attraverso i gesti della vita quotidiana. Permettetemi un esempio personale, a riguardo.
La malattia di mia madre prima e l’infermità del papà, poi, mi hanno portato da diversi anni a dividermi tra la mia famiglia attuale e quella di origine per assistenza e servizi; questa è diventata consuetudine, tanto da far parte del nostro “menage” famigliare. Non ho mai detto ai miei figli che è cosa buona avere cura dei genitori anziani, eppure questo messaggio è passato comunque, e come? Ebbene, solo facendo. Infatti, le mie figlie più grandi spesso di loro iniziativa passano qualche sabato dal nonno per fargli compagnia, fargli qualche commissione, senza che io glielo chieda.
Nella semplicità dei gesti e degli atteggiamenti, nelle scelte che compiamo ogni giorno, noi trasmettiamo quello che per noi veramente conta, quelle che sono le nostre priorità, quello che ci motiva e che ci “carica” ogni giorno, senza bisogno di tanti discorsi…
Esiste anche un’altra risorsa preziosa che abbiamo in famiglia e che fa parte del nostro patrimonio educativo, la così detta comunicazione simbolica: l’attenzione a vivere, o meglio a celebrare insieme ai figli alcuni momenti significativi della vita della famiglia come un compleanno, un anniversario, un passaggio importante, ci aiuta ad esprimere attraverso i riti, i gesti, una ricchezza di valori e contenuti.
L’aver addobbato la nostra casa con il presepe o l’albero, sono il segno che ci siamo preparati a vivere un tempo diverso; l’essersi vestiti a festa il giorno di Natale, ci aiuta a comunicare all’esterno quello che il nostro cuore sente: chi non aspetta nulla, chi non ha in sé la gioia e la trepidazione dell’incontro con Lui, non sente il desiderio di prepararsi, neanche esteriormente. Non c’è bisogno di un “portafoglio gonfio” per vivere la festa: una volta, con molti meno mezzi e risorse, si viveva il senso della festa molto più di oggi. A riguardo, ricordo quanto mi raccontavano i miei genitori: quand’erano piccoli, si possedeva il vestito per tutti i giorni, quello da indossare per le attività quotidiane, e poi c’era quello della domenica, che veniva tenuto con cura, preservato e indossato solo nei giorni importanti, come segno che si stava vivendo un momento diverso, speciale.
Credo allora che questo tempo di precarietà economica può aiutarci a vivere nella semplicità, come sinonimo di essenzialità, ovvero riscoprendo la bellezza che si cela nelle piccole cose, quelle veramente significative.
In questo periodo le famiglie hanno l’occasione di vivere momenti insieme con ritmi più rilassati: non è necessario avere chissà quali possibilità, o andare chissà dove per passare un pomeriggio divertente! Anche un dvd gustato in compagnia, magari “sgranocchiando” i pop-corn, può essere un modo per passare del buon tempo insieme, in semplicità… Ricordo con piacere quei rari ma preziosi momenti in cui siamo tutti a casa: il divano “omologato” per quattro diventa improvvisamente il posto per tutti cinque: le figlie più grandi litigano per chi di loro potrà stare vicino al papà, – perché il più piccolo ha già reclamato il posto in mezzo ad entrambi i genitori! – .
… Vivere nella lode…
L’annuncio del Battista segnava la fine del tempo della promessa, con il Natale si celebra l’inizio del tempo della salvezza: vivere nella lode credo allora significhi prendere coscienza di essere immersi in questo disegno di Amore, saper riconoscere nei fatti della nostra vita il dito di Dio e poter gustare ogni giorno che tutto concorre al nostro bene, che siamo stati amati, scelti e benedetti da sempre. È questa consapevolezza che apre il nostro cuore alla lode, alla benedizione. Credo anche che questa attitudine del cuore si possa imparare fin da piccoli e la preghiera insieme, in famiglia, può diventare un momento prezioso di educazione alla benedizione.
Ricordo a riguardo, la testimonianza di una mamma che mi ha molto colpito. Raccontava di un rito, un’usanza tipica della propria famiglia: a tavola, prima di iniziare la cena, ognuno era invitato a raccontare e a condividere un fatto bello successo in quella giornata e poi, tutti insieme, si ringraziava Dio.
Credo che questi momenti siano preziose occasioni di comunione e di condivisione in cui possiamo entrare in intimità l’uno con l’altro e contestualmente trasmettere ai nostri ragazzi come la preghiera non sia un qualcosa di astratto, ma un qualcosa di strettamente legato ai fatti della nostra vita, sia pregna della nostra quotidianità, sia un dialogo indispensabile per poter leggere la nostra vita come dono di Dio e strettamente legata a Lui.
Questo tempo di Natale, allora, in cui le occasioni per stare insieme saranno più frequenti, possa diventare un allenamento alla benedizione, cioè dire bene di Dio, di come conduce la nostra vita, dire bene del nostro prossimo, per i talenti e le cose belle che vediamo in lui e che ci fanno bene e che ci aiutano.
Vorrei concludere con un’immagine che mi è stata donata, e che ho fatto mia, perché mi ha molto toccato: “la famiglia è come un gioco ad incastri dove ogni singolo pezzo è unico e importante perché occupa una posizione ben precisa e nessun altro può prendere il suo posto…”
Auguro a tutti noi la Grazia di vivere questo Santo Natale gustando in pienezza, ogni singolo momento trascorso insieme…una Natale in semplicità e lode.
Buon Cammino insieme!
Alessandra Cipolotti