Ci sono momenti della vita in cui si sente la necessità di stare da soli con se stessi, di “staccare la spina”, di chiudere le comunicazioni con l’esterno: capita quando si ha raggiunto la saturazione, quando ci si sente “scarichi”, esauriti, oppure, quando si deve riappropriarsi di una motivazione o prendere una decisione importante e si è divisi, “frammentati”, combattuti rispetto alla direzione da prendere…
A me succede anche quando ho bisogno di capire da dove viene quella lieve inquietudine che a volte sento germogliare dentro di me, che vorrei far tacere, ma che ogni tanto affiora come una sentinella, un “ospite sgradito” che suona alla porta nei momenti più sconvenienti. Mi chiedo che cosa si celi dietro a quella sensazione, che cosa nasconda quel malessere che mi porto dentro, ma soprattutto che cosa Lui voglia dirmi…
È allora che avverto la necessità di mettere una distanza tra me e il mondo esterno, e mi incammino a passo veloce lasciando che pensieri ed emozioni affiorino liberi come cavalli imbizzariti, attendendo che volti, parole ed immagini finiscano di bussare alla porta della mente e del cuore e io possa finalmente ritirarmi nella quiete e nel silenzio, in attesa di incontrarmi, finalmente con me stessa, ma soprattutto con Lui: è Lui infatti che ha il potere di “restituirmi a me stessa”, rivelandomi chi io sia veramente.
È nei preziosi momenti di silenzio e solitudine che possiamo entrare in contatto con il nostro io profondo, quella parte di noi che solo il Signore conosce pienamente, perché a volte sembra che quella parte così intima e nascosta, voglia sfuggirci, voglia evitarci e nascondersi…
Eppure è questa la nostra parte determinante, la nostra essenza, genuina, incontaminata e spontanea, senza maschere o impalcature, e che proprio per questo a volte ci fa paura.
È nei momenti di deserto che ci regaliamo, che il nostro io profondo ci fa sentire il suo grido, spesso soffocato dalla frenesia e dalla fretta che caratterizzano le nostre giornate: è in quei momenti che, ascoltandoci, scopriamo quali sono i nostri desideri o bisogni più profondi, su cosa fondiamo la nostra esistenza, ossia chi o che cosa rende saporita e feconda la nostra vita
Anche Gesù, subito dopo il Battesimo, visse l’esperienza del deserto forse proprio per verificare il vero senso del suo Annuncio, la vera motivazione della sua missione… Lo Spirito sceso su di Lui non lo separò dalla storia, ma lo inserì pienamente in essa: in quanto uomo, come noi, anch’egli sperimentò lo scontro con Satana che voleva strapparlo dalla Sua relazione con il Padre insinuandogli il dubbio di non essere il Figlio Amato, spingendolo a non fidarsi più di Lui, …e non è la stessa cosa che il Nemico fa anche con noi?
L’evangelista Marco ci racconta che “Gesù stava con le fiere e gli angeli lo servivano”… mi piace pensare come il Signore, consustanziale a noi secondo l’umanità, non abbia voluto negare la parte puramente istintiva della nostra natura, ma abbia voluto condividerla in pieno, mostrandoci così, che è possibile restare in mezzo a questi istinti vitali senza reprimerli o soffocarli e senza essere in loro balia: quegli angeli che lo servivano sono state le forze buone che Egli ha trovato dentro di se, grazie alla sua relazione con il Padre, che sempre ha coltivato con la preghiera e che sempre l’ha confermato, guidato e sostenuto nel corso di tutta la Sua vita, fino all’ora della morte.
Anche noi, come Gesù, in questo tempo favorevole di Quaresima, possiamo vivere la Sua stessa esperienza: come veri cercatori di Dio siamo invitati a sentire lo Spirito che ci spinge a trovare spazi di deserto personale, come luogo dell’essenzialità, del silenzio, ma anche della verifica e della trasformazione: lì il tempo acquista un altro ritmo, lì emergono le nostre voci interiori e non dobbiamo aver paura di vederci così come siamo creature sì, fragili, nude e vulnerabili, ma preziose e immensamente amate dal Signore.
Il deserto è anche il luogo per eccellenza della conoscenza di Dio: in esso Mosè dopo essere fuggito dall’Egitto, visse quarant’anni come pastore di Jetro preparandosi all’incontro con Jahve sull’Oreb; anche Elia, nei quaranta giorni di cammino nel deserto fu custodito e nutrito da Dio; e ancora, lo stesso Israele nel deserto imparò la verità su se stesso, di essere un popolo adultero ed idolatra, e contestualmente esperimentò la fedeltà e l’amore con cui Jahve si prendeva cura di lui ogni giorno.
È nella nostra cella interiore, negli spazi di silenzio quotidiano che avvertiamo la discreta e silenziosa presenza di Dio, brezza leggera, “voce di un silenzio svuotato”, e possiamo sperimentare il riposo che viene dall’abbandonarsi a Lui.
Sia questo allora un tempo in cui ciascuno desideri digiunare da tutto ciò che appesantisce e intorpidisce il cuore e la mente, da tutto ciò che ci distrae, per metterci in ascolto di noi stessi e sentire che l’unico pane che può veramente saziare la nostra vita é il Pane della Parola e dell’Eucaristia.
La Preghiera infine, sia il nostro personale e intimo colloquio con il Signore, come il sussurrare di due amanti che si confidano i loro pensieri più segreti, perché si fidano l’uno dell’altro, hanno sete l’uno dell’altro e si vogliono rivelare l’uno all’altro.
Auguro allora a tutti noi un “buon cammino”… nel deserto…!
Alessandra Cipolotti