Iniziazione cristiana – Una mentalità da far maturare
Con umile audacia
Dal momento in cui è stata pubblicata la guida per genitori e catechisti – frutto di un singolare lavoro congiunto tra ufficio per la catechesi, ufficio per la liturgia, servizio per il catecumenato, centro missionario e Acr – che ci accompagnerà nel corso della prossima quaresima, con la funzione di supportare soprattutto i genitori nel loro impegnativo ruolo di iniziatori alla vita cristiana dei fanciulli e ragazzi, molti catechisti mi dicono: «Don Giorgio, è difficile coinvolgere i genitori, far capire loro il senso dell’iniziativa, preparali, farli partecipare alle riunioni; è difficile coinvolgere il parroco, che non ha mai sentito parlare di “questa cosa”; è difficile trovare gli spazi; è difficile…».
Sono d’accordo, è difficile fare tutto questo, soprattutto perché si tratta di allontanarsi dal passato, di aprirsi a nuove idee ed esperienze, di ripensare, secondo nuove modalità, a come iniziare alla vita cristiana i nostri ragazzi.
La paura delle novità è, tuttavia, comprensibile. Dobbiamo, infatti, ricordare che abbiamo alle spalle secoli di una catechesi, che aveva come unico obiettivo quello di nutrire la fede in quanto questa la si viveva già in famiglia e in tanti altri ambienti di vita. Il nostro passato è caratterizzato da una catechesi di impronta scolastica, in cui al centro dell’azione catechistica c’era il catechista-insegnante, mentre i genitori si limitavano a mandare a catechismo i propri figli e a risolvere ogni problema di coscienza facendosi presenti solo nella celebrazione dei sacramenti.
Veniamo da una catechesi che si svolgeva in tempi assai ridotti, impiegando testi che erano in funzione (e ancora oggi per molte parrocchie è così) della celebrazione dei sacramenti.
Questa mentalità ha formato le coscienze e le convinzioni, non solo della maggior parte dei catechisti ma anche dei genitori di oggi, soprattutto di quelli che, per libera scelta o perché costretti, non hanno avuto il modo di approfondire la loro vita di fede.
È normale, quindi, e sarebbe da stupirsi se fosse il contrario, che sia difficile passare dall’impostazione di una catechesi scolastica a una che coinvolga maggiormente la famiglia, in cui il ruolo di primo attore non spetta più al catechista, ma ai genitori; in cui si dia voce, prima ancora che al testo del catechismo, alla testimonianza dei genitori, del catechista e dell’intera comunità (Documento base n. 200).
È normale trovare difficoltà nel passare da una catechesi che ha l’ansia di finire il capitolo del catechismo, a una catechesi che ha il piacere di far incontrare la parola di Dio, nel racconto e nella testimonianza di chi è più grande. Ed è, altresì, normale che ci sia da parte dei genitori una sensazione di impreparazione, di inadeguatezza, di timore in quanto convinti di dover trasmettere contenuti difficili, principi e concetti troppo astratti e lontani dalle loro vite.
Difficile, sì, ma non impossibile, se ci si lascia provocare dalla realtà che ci circonda e che chiede a tutti, soprattutto ai preti, di abitarla, di mettere in discussione un certo modo di fare pastorale, ancora troppo ripiegato nel mantenere l’esistente e troppo poco impegnato verso uno stile missionario e più indirizzato al mondo degli adulti, che sono le fondamenta necessarie perché si costruisca “il primo piano della fede”, costituito dai bambini e dai ragazzi.
Sono convinto che riusciremo a comprendere la bellezza di iniziare alla vita cristiana i ragazzi solo attraverso un agire comune, tra catechisti, tra preti, tra parroci, tra catechisti e genitori.
Non si tratta di sfondare, di creare situazioni di rottura, ma semplicemente di far maturare una mentalità che ha bisogno di tempo, di pazienza e di umiltà. Per questo è importante cominciare (come raccontato nelle esperienze delle pagine seguenti), anche con pochi gruppi che dimostrino di aver compreso il valore della proposta.
Iniziare con umiltà e pazienza, cercando di far capire, attraverso il “tu per tu”, cioè attraverso la relazione personale, la confidenzialità, la condivisione, tipiche delle relazioni interpersonali, l’importanza della presenza dei genitori e il loro ruolo, che non è quello di fare una lezione accademica, quanto piuttosto quello di testimoniare, con la propria vita e insieme ai figli, la parola di Dio.
Quindi, umiltà e audacia, forza e perseveranza, fiducia e condivisione, saranno gli elementi essenziali della nuova iniziazione cristiana.
Giorgio Bezze
Nell'area riservata trovi tutto lo Speciale Catechisti febbraio 2011