SPECIALE CATECHISTI/novembre 2011

“Tener-a-mente” è un gioco di parole dannunziano, che prendo a prestito per esprimere il pensiero di questo mese a pochi giorni dalla celebrazione dell’assemblea diocesana.
Tener a mente, quale esortazione rivolta soprattutto ai membri del consiglio pastorale parrocchiale, è non dimenticare che il soggetto dell’iniziazione cristiana è costituito da tutta la comunità, fatta da chi è consapevole del proprio battesimo, da chi vive stabilmente lo stile della vita cristiana, da chi partecipa fedelmente all’eucaristia domenicale svelandone la natura di mistero e di comunione.
Spetta a ogni adulto, anche a coloro che non hanno un ruolo immediatamente educativo, sentirsi chiamato a generare alla fede le nuove generazioni con la sua autentica testimonianza. Sono infatti gli adulti che rendono credibile o meno la vita cristiana agli occhi dei giovani, facendo loro capire se e quanto valga la pena mettersi in gioco per Gesù.
Tenere a mente è, dunque, il senso di responsabilità che l’adulto incontra in ogni processo educativo finalizzato a rendere la vita di fede desiderabile e plausibile; è un obbligo che deve essere necessariamente vissuto per evitare che le nostre comunità diventino deserte svuotandosi di giovani.
Tener a mente che è sempre più importante operare insieme e non da soli. Mettere in comune le proprie risorse, evitando logiche e criteri finalizzati al raggiungimento di obiettivi meramente personali o di parte. Per lavorare insieme e per ritrovarsi attorno a un comune progetto è necessario che ognuno perda, senza paura, qualcosa di proprio, diventi più umile, si rivesta di nuova disponibilità convinto che ciò che si realizzerà è migliore di prima.
Tener a mente che al vicariato non si può rinunciare perché è il luogo e il criterio per compiere scelte condivise che hanno la possibilità di una maggior efficacia e durata nel tempo.
Tener a mente di non aver fretta di bruciare le tappe perché il cammino proposto dalla diocesi è chiaro, semplice e graduale e permette a ogni operatore pastorale un’autentica presa di coscienza delle questioni che riguardano l’iniziazione cristiana.
Ma teneramente è anche l’atteggiamento che un padre e una madre hanno nei riguardi del loro figlio quando lo accompagnano nel cammino di crescita, verso una piena autonomia, ed è lo stesso atteggiamento che si dovrebbe ritrovare all’interno di una comunità cristiana, essa pure madre che genera alla fede, nei riguardi dei suoi figli che iniziano il cammino per diventare cristiani, siano essi bambini o adulti.
Come chiesa, siamo chiamati a guardare teneramente e accompagnare con simpatia ogni persona, qualunque sia la sua distanza dall’esperienza di fede, e in particolare i giovani che con la loro sete di sincerità e autenticità ci provocano a essere più veri e coerenti.
Teneramente, è il modo migliore per esprimere accoglienza verso chi vive situazioni di sofferenza, verso chi per vari motivi si è allontanato dalla chiesa, verso chi vive esperienze di disagio e non sa ritrovare un punto fermo.
E teneramente è il modo con cui Dio mi guarda, ci guarda e guarda il mondo.
don Giorgio Bezze

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