TESTIMONIANZA DALL'ASSEMBLEA DEI CATECHISTI

Sono una catechista della parrocchia Buon Pastore di Padova e ho partecipato all’Assemblea diocesana dei catechisti di sabato 15 febbraio; volevo ringraziare per le riflessioni che le domande  fatte al relatore e le sue conseguenti risposte hanno suscitato dentro di me. Sentivo il bisogno di comunicarvele, ma certamente sabato non c’è stato il tempo e il modo. Per questo mi permetto, pur non conoscendoci personalmente, di farvi arrivare questo scritto per condividere e cercare di aumentare la comunione tra noi catechisti.
 
Il punto per me molto illuminante è stato l’ultima domanda rivolta da Maria Teresa Stimamiglio, sulla difficoltà di presentare ai genitori dei bambini della Prima Comunione, che provengono da realtà molto diverse, anche da anni di lontananza dalla pratica religiosa (eucaristia domenicale e sacramenti), la giusta richiesta di ritornare alla messa domenicale; e giustamente Maria Teresa diceva di rendersi conto della difficoltà di proporre la “meta” come un “inizio”! Questa riflessione mi ha molto colpito perché sperimentata tante volte nella mia esperienza di catechista. Ugualmente mi ha colpito il riferimento all’assemblea pastorale diocesana di fine novembre fatto da don Giorgio Bezze: “Bisogna avere cura degli inizi di tutti!”. Allora ho pensato: ci lamentiamo tante volte che i genitori non partecipano alle riunioni, li sentiamo lontani dai percorsi che facciamo con i loro figli a catechismo; poi quando vengono riusciamo solo, in buona fede, a dare loro in fondo un “precetto”, perché è quello che loro nella propria realtà di vita di quel momento possono percepire. “Vieni a messa …” per noi è un tesoro, una cosa, come dicevano i martiri di Bitinia, senza la quale non possiamo vivere; per loro invece, a causa delle difficoltà e ferite della vita, le illusioni del mondo, l’allontanamento dalla pratica religiosa e forse anche per la nostra contro-testimonianza, ha perso questo senso salvifico e si trovano privi di mezzi per interpretare il linguaggio liturgico; in poche parole a loro il sacerdote che si muove, gesticola e parla dietro l’altare è completamente scollato dalla loro realtà.
 
Come poter ricucire questo strappo, questa ferita? Dove nella parrocchia queste persone possono trovare un luogo per essere guariti, per rimettere in moto la loro fede, riaccendere la loro speranza? Vediamo infatti che il nostro invito e incoraggiamento a partecipare all’eucaristia domenicale, non sempre, ma troppe volte, finisce con la celebrazione del sacramento a cui si stanno preparando i loro figli e questo vale sia per la Prima Eucaristia sia per la Confermazione.
Tante volte mi sono chiesta dove sta la causa di tutto ciò, perché, non possiamo sempre dare la responsabilità ai ragazzi che non ci ascoltano, o alle famiglie che non sono disponibili! Dico questo senza giudizio o scandalo, ma realisticamente, dopo circa 30 anni di attività nella catechesi. E d’altra parte è in questa realtà che ci interpella il Signore, che ci pone a lavorare nella sua vigna fatta così nel 2014 e che ci dà fiducia anche quest’anno, senza stancarsi di noi o fermarsi alle nostre incapacità.
 
Così la frase: “Avere cura degli inizi di tutti” ha suscitato in me un bisogno di far crescere attenzione, amore, vicinanza verso i genitori e gli adulti che il Signore ci fa incontrare non a caso nell’occasione del sacramento per i figli. Sentirli come fratelli che possono iniziare un cammino nuovo o ricominciare un cammino interrotto a causa di tante difficoltà, prove, delusioni nella loro vita. E l’espressione “Vieni a messa domenica”, detta con tanto affetto e buone intenzioni da noi catechiste zelanti, a me stessa tante volte ha dato l’impressione che sarebbe come dire a uno che fa fatica a camminare: “Vieni alle Olimpiadi”! È così che senza accorgerci mettiamo pretendiamo che la meta, da raggiungere faccia già parte dell’inizio e poi ci si stupisce se dopo alcune volte la persona smette di partecipare. Ci vorrebbe invece una palestra, un allenamento, un tempo più lungo per arrivare gradualmente alla meta.
 
Bisogna avere cura degli inizi: e questa frase mi ha veramente aiutato a pensare che forse invece che pensare a strategie pastorali nuove, è necessario portare a queste persone l’annuncio che Gesù è il Signore, che è venuto per te, che ti ama di un amore personale così come sei, che ti sta aspettando per incontrarsi con te per darti il suo Spirito di Risorto, che ti dà la vita proprio nelle tue difficoltà; lo stesso annuncio di San Pietro nel secondo capitolo del Libro degli Atti degli apostoli, che trafisse il cuore alle persone che ascoltavano e li condusse alla conversione.
 
Certo bisogna passare da una pastorale sacramentale ad una pastorale di evangelizzazione, come ci richiama anche papa Francesco nella sua Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium”, al cap.3 in un bellissimo punto in cui si dice “Desidero ricordare il compito che ci preme in qualunque epoca e luogo, perché «non vi può essere vera evangelizzazione senza l’esplicita proclamazione che Gesù è il Signore… l’evangelizzazione, come gioiosa, paziente e progressiva predicazione della morte salvifica e della Risurrezione di Gesù Cristo, deve essere la vostra priorità assoluta».”. Per me questo è veramente un nodo cruciale su cui lavorare e pregare, sapendo di non avere nessuna pretesa di convertire né i ragazzi né i loro genitori. Ho letto da poco una omelia di san Giovanni Crisostomo che diceva: “Quanto dispiacere provo quando ricordo che nei giorni festivi le assemblee erano simili alle vaste estensioni del mare, e che invece ora non si vede ora qui riunita neppure una minima parte di quella moltitudine. Questo è causa per noi di tanta tristezza. Dove sono? Ne sento la mancanza e mi affliggo per causa loro, al pensiero che moltissimi di quelli che erano sulla via della salvezza vanno in perdizione. Quale grande perdita di fratelli dobbiamo subire, quanto esiguo diventa il numero di coloro che conseguono la salvezza; cosi che la parte più considerevole della Chiesa assume l’aspetto di un corpo morto e inerte. E che cosa c’entriamo noi? dirà qualcuno. Vi riguarda invece moltissimo, perché non vene curate, non li esortate, non li aiutate con il vostro consiglio, non riuscite ad catturarli e quasi a costringerli a venire, e non li richiamate che con grande negligenza. Cristo infatti quando ci chiamò sale, lievito e luce, volle dimostrare che non dobbiamo essere utili solo a noi stessi, ma a molti altri”.
 
E qui si apre il discorso sulla catechesi degli adulti aiutandoli a riscoprire il proprio battesimo con una formazione seria e permanente; che è vero che è un altro settore (forse un altro appalto, come direbbe il relatore di sabato), ma che non possiamo nasconderci in quanto intimamente e vitalmente compenetrato con la catechesi dei bambini e ragazzi.
 
Silvia Taschetti Girardi
 
 
 
>>> In allegato è possibile scaricare il testo della preghiera guidata da sr. Giancarla Barbon. 
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