Togliere la maschera

 

“Non v’è creatura che possa nascondersi davanti a lui,

ma tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi

e a lui noi dobbiamo rendere conto”. (Eb 4,13)

 

Nei giorni di carnevale è un’usanza comune mascherarsi. In questo c’è qualcosa che attrae non solo i bambini, ma anche gli adulti: forse l’illusione di provare ad essere qualcun altro o quella di nascondere se stessi e la propria realtà di vita o l’incapacità di mostrarsi a pieno viso coerenti con le idee che si professano.

Gli studiosi affermano che l’uso della maschera si perde nella notte dei tempi, ma forse, al di là di tutte le diverse motivazioni, indossare una maschera equivale solo ad assumere una nuova identità in cui ognuno si sente di essere e di potersi presentare così come vorrebbe essere, infatti nel linguaggio comune la maschera assume spesso un significato negativo legato alla finzione, alla non autenticità per cui il detto popolare “togliersi la maschera” significa mostrarsi per ciò che si è. È chiaro che, al di fuori del periodo del carnevale, sarebbe impossibile stare con persone mascherate. Se si vuol vivere in qualsiasi collettività è fondamentale che ognuno presenti se stesso così com’è, manifesti chiaramente le proprie finalità, le proprie idee.

Ci sono però molti modi di portare una maschera, così anche dentro ai nostri ambienti, ci sono tanti cristiani che si mascherano e non si può fare a meno di pensare a quanto di grottesco il termine porta in sé. Perché la maschera, in fondo, è un corto circuito della comunicazione.

Il problema è che il corto circuito avviene nel rapporto con Dio prima ancora che nel rapporto con gli uomini. Dio è verità e la relazione, anzi l’amicizia con lui si può stabilire solo nella verità. Oltretutto Dio ci vede nel nostro intimo più profondo, anche là dove noi stessi non vediamo o non abbiamo il coraggio di guardare. «Tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi» ci dice la Lettera agli Ebrei ed è veramente assurdo e meschino il tentativo di mettere una maschera davanti a lui.

Dio stesso non ci può raggiungere, non può entrare in rapporto con noi se noi prima non ci mettiamo in un atteggiamento di totale apertura, di assoluta verità davanti a lui. Egli è onnipotente, è vero, ma rispetta la nostra dignità di creature, quindi la nostra libertà e, proprio per questo, attende che siamo noi a smascherarci lealmente davanti a lui.

Allora questo tempo di carnevale dovrebbe essere per ogni cristiano, e in particolar modo per chi vuole seguire più da vicino il Signore, un momento in cui, invece di mascherarci, ci togliamo ogni maschera, per essere pronti alla purificazione quaresimale.

Forse qualcuno obbietterà che durante il carnevale ci si potrebbe anche divertire, e qualche sereno svago ci sta pure bene, perché poi si dovrà affrontare l’ascesi quaresimale che è già di per sé una preparazione alla Pasqua.

In realtà quanti traguardi umani richiedono una “preparazione alla preparazione”. Ad esempio chi aspira ad iscriversi alla facoltà di medicina deve prima affrontare un esame di ammissione e, sperando di rientrare nel numero chiuso, già tempo prima si applica ad un’intensa preparazione.

Allo stesso modo, se noi in questo periodo abbiamo il coraggio di smascherarci, arriveremo all’inizio della Quaresima vedendo già chiaramente su quali punti dobbiamo lavorare e, soprattutto, vi arriveremo con quella giusta disposizione dell’anima che attira la grazia e la misericordia di Dio. Così a Carnevale mascheriamoci pure di maschere di stoffa, cartapesta e plastica, ma non rinunciamo a fare verità dentro di noi.

 

 

 

Giorgio Bezze

 

 

  

 

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