Quando viviamo una relazione di amicizia o di amore con un'altra persona, il tempo trascorso insieme non è mai fine a se stesso: in ogni incontro desideriamo entrare sempre di più nel suo mondo, vogliamo conoscere i suoi gusti, quali siano le sue passioni, insomma facciamo in modo che le cose sue diventino anche le nostre, per poter essere ancora più in intimità e in comunione con lei.
Nel Natale celebriamo un Dio così tanto innamorato della sua creatura, da aver scelto di condividerne la stessa natura: in Gesù Cristo, Dio ha compiuto la sua Kenosis, ha preso corpo, si è impastato con la nostra umanità, abitandola come un tempio, è entrato nella nostra storia trasfigurandola con la Sua Grazia, perché non esistessero più due realtà intangibili, quella di Dio e quella dell’uomo, ma una sola abitata dal Suo Amore.
Con il Natale, Dio si fa vicino ad ogni uomo, rivelando il suo volto di Padre amorevole e contestualmente nel Figlio, uomo perfetto, ci restituisce la somiglianza con Lui, persa a causa del peccato.
Questi pensieri, mi hanno accompagnato in questi giorni di preparazione al Natale ed è capitato anche una delle tante mattine, in bus, mentre osservavo i volti delle persone che avevo di fronte: un ragazzo assonnato che ascoltava la musica dagli auricolari, una donna di mezza età intenta a chiacchierare, un anziano con lo sguardo assorto… Mi ha commosso pensare come pur essendo persone con realtà e vite intessute di esperienze e relazioni completamente diverse, in ciascuna di loro ci fosse impresso il sigillo, l’impronta di Dio, anche se non lo sanno.
Mi piace allora pensare al Natale come al giorno in cui può esserci restituita questa nostra appartenenza al Padre che forse abbiamo dimenticato o ignorato, in cui ciascuno può sperimentare un nuovo inizio, in cui possiamo nascere e rinascere in Cristo e con Cristo.
E come? Lasciando che Lui prenda dimora in noi, nella nostra carne, nella nostra storia, così com’è.
Il nostro non è un Creatore freddo e distante ma, come ci ricorda il Salmo 8, è un Dio che ci rivela quanto siamo preziosi a suoi occhi proprio nel modo in cui si prende cura di noi. È un Dio che si è chinato sull’umanità scegliendo di nascere in una stalla, fredda buia e maleodorante, come è a volte anche il nostro cuore, ammuffito dalle ferite mai medicate, reso freddo e buio dalla solitudine, e sporcato dal peccato.
È un Dio che ha scelto la debolezza, la fragilità di un bambino per prendere corpo, e questo sia per darci la libertà di accoglierlo o rifiutarlo, sia per chiederci, come in ogni relazione, di fare la nostra parte, di esserci con il cuore, con la volontà e con le nostre scelte.
Infatti, come un neonato ha bisogno di attenzioni e cure, altrimenti è destinato a soccombere, così è anche per la nostra fede. Essa, come un bimbo, ha bisogno di essere riscaldata dalle opere di carità, nutrita dalla Preghiera e cullata e coccolata dall’ascolto costante della Parola di Dio.
Questa immagine di Natività che ho scelto tra molte altre mi ha colpito ed emozionato perché l’atteggiamento di Maria e Giuseppe mi piacerebbe potesse diventare anche il nostro: negli sguardi che i due si scambiano mi sembra di scorgere sia la ricerca di reciproco incoraggiamento, sia la condivisione della gioia di fronte alla consapevolezza di essere partecipi di un evento così unico.
Concludo lasciandovi in dono poche ma significative frasi di Ansel Grüm che mi porto nel cuore :
“A Natele festeggiamo ciò che possiamo professare fiduciosi ogni giorno dell’anno: non sono solo. Dio è con me, Dio è in me. La sua vita divina, il suo amore divino è in me e trasforma la mia esistenza”.
Auguro a tutti noi di vivere questo Santo Natale come un nuovo inizio, con gratitudine, stupore e nuova speranza.
Alessandra Cipolotti