Solo qualche settimana fa papa Francesco concludeva il messaggio per la Giornata missionaria mondiale con queste parole: «Continuo a sognare la Chiesa tutta missionaria». È un ritornello, fin dall’inizio del suo magistero: la Evangelii gaudium afferma con chiarezza che tutto il popolo di Dio annuncia il Vangelo; non è un privilegio di pochi eletti né un appalto riservato ai grandi esperti. Tutto il popolo di Dio è soggetto della missione; allo stesso modo, tutto il popolo di Dio è anche soggetto dell’annuncio e della catechesi.
Il Direttorio per la catechesi ha un capitolo intero dedicato alla figura del catechista. Dopo averne descritto le caratteristiche principali, fa un elenco delle persone coinvolte nell’annuncio: il vescovo, il presbitero, il diacono, i consacrati, i catechisti laici, i genitori, i nonni; c’è anche un paragrafo dedicato alle donne che – come tutti sappiamo – sono la maggioranza. È importante la mentalità che sta dietro a questo capitolo del Direttorio: se la catechesi fosse istruzione cristiana, sarebbe delegata a dei bravi insegnanti; ma siccome è annuncio, è iniziazione, allora tutti – seppure con ruoli diversi – siamo chiamati in causa. Santa Teresa di Lisieux era una monaca di clausura, eppure è patrona delle missioni; allo stesso modo anche i nonni che li accompagnano all’incontro sono “catechisti” dei loro nipoti.
Una delle cose emerse nella mappatura dell’iniziazione cristiana che abbiamo fatto prima dell’estate è che le comunità sono di fatto poco coinvolte; gli stessi consigli pastorali spesso conoscono appena il percorso. Del resto, stiamo muovendo i primi passi; però non c’è alternativa, non ha senso tornare ad appaltare i ragazzi alla “maestra di catechismo” e i genitori al parroco… Sempre se abbiamo voglia anche noi di sognare una Chiesa tutta “catechista”, che annuncia.
don Carlo Broccardo
Speciale catechesi – Novembre 2022