S. Natale 2017
Quando mio figlio tredicenne mi ha chiesto di fare insieme il presepio, circa quindici giorni fa, sono rimasta piacevolmente sorpresa perché erano diversi anni che ne utilizzavamo uno già “confezionato” e avevamo messo via quello con le statuine di gesso, più laborioso ed impegnativo, quello che allestivo insieme ai ragazzi quando erano bambini ….
Ho accettato con gioia la sua richiesta, offrendomi di occuparmi di preparare il paesaggio, con le rocce, il muschio, gli abeti ecc…e di lasciare a lui l’incarico di posizionare poi i vari personaggi.
Dopo breve tempo il presepe era finito: pastori, raccoglitori di legna, mugnai, pescivendoli, c’era chi era intento nei propri affari e chi invece in cammino verso la capanna posta in alto su una piccola collina.
Dentro la capanna Maria e Giuseppe, l’asino e il bue, qualche mucchio di paglia e fascine di legna; in mezzo uno spazio vuoto, dove verrà posto il Bambino.
Non c’è niente di più vulnerabile di un neonato, ha bisogno di calore, di cure amorevoli, di essere lavato, nutrito, perché da solo non potrebbe sopravvivere; eppure il Figlio di Dio si è fatto bambino ed è venuto al mondo in un luogo freddo e buio, umido e maleodorante, nella precarietà e nella solitudine.
Con il Natale dunque, noi celebriamo la debolezza assunta da Dio che nel Figlio si è rivestito della nostra stessa natura umana, fragile e vulnerabile. Ogni giorno la vita ci mette di fronte a questa grande e preziosa verità e diventare adulti, crescere e invecchiare ci fa prenderne coscienza: siamo creature, la nostra vita è come un soffio e la sofferenza e la malattia di cui facciamo esperienza, ci ricordano che non siamo eterni e che il nostro orizzonte non finisce qui, su questa terra.
Viviamo ogni giorno una vita frenetica, tutti presi da mille impegni e attività che ci travolgono e ci possiedono, facendoci perdere il contatto con noi stessi. Ma quando nel dolore o nella malattia, nostra o dei nostri cari, tocchiamo con mano la fragilità umana, veniamo tratti fuori da questo caos iperattivo. E’ questo l’attimo di Dio in cui possiamo aprirci a Lui e ritrovare noi stessi.
Il Natale ci dice che i criteri del mondo sono capovolti: Dio ha eletto ciò che è debole, ha salvato ciò che nel mondo è scartato perché miserabile.
Nelle nostre debolezze, nei nostri luoghi oscuri e maleodoranti, nel nostro dolore più intimo e segreto, dove abbiamo bisogno di accettarci e di essere accettati, Il Bambino vuole nascere e trovare dimora, vuole incontrare ciascuno di noi per portare pace e placare la nostra profonda inquitudine,
Natale ci invita a non fuggire dalle nostre fragilità, ma a entrarci dentro, mettendoci nelle mani di Dio come Lui si è messo nelle nostre.
Natale è entrare nel Suo silenzio in cui Egli agisce e si fa sentire.
Natale, è la mano fredda e tremante del mio papà ammalato e fragile, che mi stringe forte perché io non lo lasci solo.
Buon Natale a tutti.
Alessandra Cipolotti