NEL DESERTO PER RISCOPRIRE CIO' CHE E' ESSENZIALE

“L’essenziale è invisibile agli occhi” disse la volpe al Piccolo Principe, ed è la frase che mi risuona nel cuore in quest’ultimo periodo e che vorrei fosse il punto di partenza per questa nostra riflessione insieme. Credo voglia dirci che ogni persona che incontriamo, che ogni evento che viviamo, racchiude in sé un tesoro, un mistero che a prima vista rimane nascosto…

Lo stesso vale anche per ciascuno di noi: oltre l’apparenza di quello che mostriamo davanti agli altri o di quello che facciamo c’è un io profondo, la nostra parte spirituale che costituisce la nostra vera essenza, che da significato alle nostre scelte, che rende uniche le nostre relazioni.

Questo “io interiore” risiede nella profondità del nostro cuore, è la parte più nascosta e più autentica di noi, e per questo anche la più vulnerabile tanto che a volte per paura di venire feriti, la teniamo nascosta dentro a rigide armature o sepolta sotto impalcature che ci imprigionano rendendoci schiavi.

E’ la parte di noi che Dio conosce fino in fondo, ed è quella che Lui ama, così com’ è, con le sue fragilità e lati oscuri, con le sue potenzialità di bene e i suoi bisogni di verità e di amore: è a questa parte di noi che Lui rivela se stesso, ed è questa parte di noi che Lui desidera incontrare.

Purtroppo però la frenesia della vita moderna che ci fa trascorrere le nostre giornate schiavi del tempo, della fretta, dell’ansia per la continua richiesta di efficienza e per la pretesa di dover essere sempre al massimo delle nostre prestazioni, ci rende sordi e insensibili ai nostri veri bisogni, ci fa perdere il contatto con noi stessi, allontanandoci anche da ciò che nella nostra vita è veramente importante e significativo.

E’ la stessa esperienza che visse anche il popolo di Israele durante gli oltre duecento anni in Egitto: la durezza della schiavitù gli fece perdere la coscienza della propria vocazione di popolo di JHWH, eletto e beneficiario delle promesse fatte ai Patriarchi.

Per questo il cammino nel deserto, che seguì alla liberazione dall’Egitto, fu per il popolo un’esperienza essenziale, esistenziale e fondante, perché fu luogo di grazia e di incontro con JHWH. Durante quei quarant’anni Israele imparò a conoscere un Dio che si prendeva cura di lui, che provvedeva ad ogni sua necessità, donandogli cibo, acqua e anche una legge che gli insegnava a camminare per vie sicure come popolo libero.

Questo periodo trascorso nel deserto fu anche un tempo di purificazione e di prova: lì Israele imparò ad andare oltre alle apparenze, a conoscere chi era veramente, e contestualmente venne educato da Dio a fidarsi ed affidarsi a Lui. In quel tempo Israele imparò ad ascoltare in profondità e a capire ciò che era veramente essenziale.

Mi piace allora pensare che anche per noi la Quaresima, questo tempo di passaggio che la Chiesa ci dona, possa essere un’occasione di rigenerazione e di rinascita, l’inizio di un itinerario spirituale verso la conoscenza di noi stessi, verso la riscoperta della nostra vocazione di figli scelti, amati, e chiamati, così come siamo, ad un’eredità di vita piena all’insegna della gioia e della libertà.

Per guidarci in questo tempo di conversione e di riscoperta della nostra vera fonte interiore, la Chiesa ci dona tre strumenti preziosi: il digiuno, la preghiera e l’elemosina.

Digiunare non significa solo rinunciare al cibo ma credo sia anche decidere di lasciare ciò che ci rende dipendenti, ciò che ci fa stare apparentemente bene, ma che in verità ci rende schiavi, ciò che annebbia lo sguardo e appesantisce il cuore impedendoci di incamminarci verso la libertà, ciò che ci sembra necessario per riempire i nostri vuoti, per farci sentire di “buon umore”, ma che è diventato un qualcosa alla quale ci siamo sottomessi: la televisione, il bisogno ossessivo del fumo o di dolci, l’incapacità di staccarci dal cellulare, dai videogiochi, da internet….

Digiunare allora ci aiuta a capire noi stessì e fa sì che quello spazio vuoto che si crea in noi possa essere riempito dalla Sua presenza, dalla Sua Parola che nutre e rinvigorisce, dal Suo Amore che purifica.

Il digiuno è strettamente legato alla preghiera perché libera il nostro cuore da tutto ciò che genera inquietudine e lo prepara all’incontro con Dio.

Pregare è entrare in un dialogo intimo e personale con il Signore. E’ come andare a trovare un amico, sedersi accanto a lui e cominciare a conversare. Talvolta non è necessario parlare, si può restare in silenzio, perché comunque con un amico ci si sente accettati e liberi di essere noi stessi. Ma preghiera può essere anche l’atteggiamento con cui viviamo le nostre giornate, la nostre realtà al lavoro, in famiglia o in Comunità, cercando di dare il meglio di noi e donandolo con gioia e gratitudine.

Digiuno e preghiera infine, predispongono il nostro cuore e il nostro spirito all’elemosina.

Fare elemosina non consiste solo nel dare beni materiali, ma piuttosto io credo, sia un atteggiamento di compassione e misericordia nei confronti di coloro che stanno passando un periodo di sofferenza interiore o fisica. E’ aprire il nostro cuore all’accoglienza del fratello, è lasciarlo entrare dentro di noi: è farci carico di chi è ferito ed incapace di camminare da solo, è riscaldarlo con il nostro affetto e vicinanza, è ricordarlo con la nostra intercessione.

Auguro a tutti noi che questo tempo di Quaresima, sia un cammino di purificazione verso la riscoperta di noi stessi, verso la ricerca dell’essenziale e sia il tempo della memoria di quanto il Signore ha compiuto nella nostra vita cosicchè possiamo desiderare di ritornare a Lui con tutto il cuore la mente e le forze!

 

Buon cammino, insieme.

 

Alessandra Cipolotti

 

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