ATTRAVERSARE LA PREADOLESCENZA

Febbraio 2017

 

Ogni anno i catechisti si ritrovano in assemblea per un momento di formazione. Per la verità, sono molte le occasioni di formazione che un catechista può scegliere nel corso dell’anno, per vivere, soprattutto quest’anno come ci esorta il Vescovo Claudio, una sosta che ci rinfranca. Ma l’assemblea è un appuntamento più importante degli altri, non solo per i contenuti proposti, ma anche per l’esperienza di Chiesa che si vive al suo interno. In effetti, convenire in un luogo significativo della diocesi – quale l’OPSA – pregare, ascoltare e condividere sono tutti elementi di fondamentali, che evidenziano il nostro essere Chiesa ed esprimono la comunione che lega fratelli e sorelle nella stessa fede.

Quest’anno, poi, anche l’argomento invita ad una larga partecipazione perché si affronta il tema della preadolescenza, legato all’ultimo tempo del cammino dell’Iniziazione cristiana dei ragazzi. L’età della preadolescenza è un’età delicata, fatta di cambiamenti che creano nei ragazzi paure, scontri, ma anche di aperture a nuove possibilità. Un’età fondamentale pure per il cammino di fede dei ragazzi, nei quali  cambia il modo di rapportarsi a Dio e alla Chiesa. Ma proprio per questo motivo è un’età che ha bisogno di essere compresa, per attivare tutte quelle attenzioni educative che fanno sentire la fede come un aiuto e non un blocco allo sviluppo della loro personalità.

Ecco perché il titolo che accompagna l’appuntamento è “ATTRAVERSARE LA PREADOLESCENZA. Un’opportunità per tutta la comunità cristiana”. Ad aiutarci, nel delineare la fisionomia del preadolescente e quali atteggiamenti assumere nei suoi confronti da parte di chi lo accompagna nel cammino di fede, sarà Pierpaolo Triani, docente di pedagogia presso la facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica di Piacenza.

Nello stessa occasione verrà pure presentato l’ultimo sussidio per i catechisti e gli educatori che accompagneranno i ragazzi di questa età, vale a dire nel tempo che segue la celebrazione dei sacramenti, la mistagogia, chiamato il tempo della Fraternità. Tale sussidio è frutto del lavoro di un’equipe composta da più persone, coinvolte a vario titolo nell’educazione dei preadolescenti. Sono i catechisti, i presbiteri, gli educatori delle associazioni (AC e SCOUT), gli educatori allo sport, un operatore Caritas, un assistente del seminario minore, il responsabile della Pastorale giovanile, un insegnante di religione e alcuni educatori professionali che svolgono un servizio di formazione con i ragazzi preadolescenti.

Il sussidio è uno strumento che offre un metodo di lavoro e un cammino ritmato da alcune proposte concrete per accompagnare i ragazzi, invitandoli ad approfondire quanto hanno celebrato ed a soffermarsi, in particolare, sul valore del Sacramento dell’Eucaristia e della Penitenza.

Un’assemblea dunque da non perdere, a cui sono invitati oltre ai catechisti e ai parroci, anche i genitori e gli educatori delle associazioni e gli operatori pastorali.

L’inizio è previsto per le ore 9,00 di SABATO 4 marzo all’OPSA di Sarmeola di Rubano, con un momento di preghiera guidato dal Gruppo SpazioDanza con la collaborazione della scuola media dell’Istituto Dimesse di Padova.

Segue la riflessione di Pierpaolo Triani: “ATTRAVERSARE LA PREADOLESCENZA” e il dibattito con i presenti. Nella seconda parte della mattinata, verrà presentato il sussidio del Tempo della Fraternità.

La conclusione è prevista per le ore 12,00.

Giorgio Bezze

 

Il rapporto nozione-emozione nei cammini di fede dei preadolescenti.

Il pianeta preadolescenti  può essere riletto anche con l’ottica degli “affioranti digitali”, ovvero attraverso quei fenomeni che dovrebbero mettere in guardia un genitore o un catechista nel percepire un disagio provocato dal rapporto con gli schermi digitali e che l’Ufficio comunicazione della diocesi ha fatto oggetto di studio da tempo insieme ai risvolti dell’apprendimento emotivo, esplorati insieme ad alcuni esperti come la professoressa Daniela Lucangeli, ordinario di Psicologia dello sviluppo presso l’Università di degli studi di Padova. «Per i ragazzi servirebbe un travaso dalla mente al cuore» ha spiegato la docente padovana in occasione di un recente corso di formazione organizzato dalla fondazione Hpnr onlus, mutuando l’espressione dal diario di una giovane alunna. Una suggestione che l’ha portata ad esplorare l’ambito delle neuroscienze e che invita a non contrapporre le funzioni cognitive a quelle emotive, quanto piuttosto ad essere coscienti che le emozioni sono complementari alle nozioni, che il cervello destro e quello sinistro andrebbero composti insieme anche, e soprattutto, nei cammini di fede. «Le emozioni –spiega ancora la docente padovana- vengono registrate nella memoria autobiografica, mentre le nozioni in quella semantica: i due circuiti si richiamano a vicenda». Che conseguenze possono avere tutte questa considerazioni nei percorsi di formazione dei preadolescenti in parrocchia? Ci spingono innanzitutto ad essere consapevoli che quando richiamano una nozione o un passaggio del loro itinerario di catechesi è altamente probabile che vi colleghino anche un’emozione che si è sedimentata nella ripetizione della stessa esperienza. Se, ad esempio, un momento di celebrazione in chiesa è stato associato –nell’infanzia-  alla noia è probabile che ogni qualvolta si ripeta uno schema simile venga richiamata quella stessa emozione. Sembra dunque importante aiutare i preadolescenti a ridefinire la loro mappa emotiva nell’ambito della fase di percorso che in diocesi viene definita “quarto tempo”. L’utilizzo degli schermi digitali, poi, si presta davvero bene per colmare i vuoti emotivi. A questo proposito con alcuni collaboratori dell’Ufficio comunicazione abbiamo elaborato un metodo, strutturato in quattro fasi, per gestire una corretta dieta mediatica. Uno studio supportato da esperienze e studi specifici, durato più anni, che ha permesso di redigere più di una pubblicazione utile a genitori e formatori per gestire una sana dieta mediatica non solo in fase di emergenza ma anche e soprattutto nella formazione permanente.

Marco Sanavio

 

 

 

Il rito dell’inizio

È sempre importante dare un segno esplicito dell’inizio. In luogo del cosiddetto “Inizio dell’anno catechistico” che riduce il concetto di inizio ad una nostra attività che portiamo avanti, ad una nostra iniziativa che vogliamo attuare, e che richiama l’ambito scolastico, ecco che abbiamo il Rito di inizio del Primo discepolato.

«Questo rito – previsto per la Chiesa di Padova – si celebra per i fanciulli [ragazzi] che devono compiere la loro Iniziazione cristiana. Esso si colloca al termine del primo tempo – detto Prima Evangelizzazione – ed inaugura il secondo tempo – detto Primo Discepolato». È quindi un rito di passaggio che segna il cambiamento da una situazione ad un’altra.

Esso non va confuso con il Rito di Ammissione al Catecumenato riservato solo ai fanciulli e ragazzi non battezzati in età da catecumenato (anni 7-14). In questo caso si seguirà il Rito previsto che ha delle parti riservate esclusivamente ai bambini simpatizzanti. Si celebrerà però il Rito di ammissione al Catecumenato e quello dell’inizio del discepolato in un’unica celebrazione preparata appositamente secondo le indicazioni del Servizio nazionale per il Catecumenato.

In questa celebrazione, mantenendo lo stile catecumenale dell’Iniziazione Cristiana, si pone un gesto liturgico importante davanti a tutta la comunità parrocchiale. Per questo è richiesto che la celebrazione si collochi in una messa domenicale, possibilmente quella con maggior partecipazione di popolo. Se si vuole coinvolgere la parrocchia è necessario evitare di ridurre questo rito ad una faccenda privata di un gruppo, di chiuderla in un contesto riservato. Prima di tutto deve emergere la centralità di Cristo nel suo Mistero pasquale e della Chiesa che accoglie la decisione libera dei fanciulli di farsi discepoli del Signore Gesù. Gesù Cristo e la Chiesa: sono questi i due cardini su cui tutta si fonda tutta l’Iniziazione Cristiana.

Ci sono alcuni gesti centrali. Il primo è il passaggio attraverso la porta che nella liturgia è simbolo di Cristo, porta delle pecore. Sarà importante quindi che tutta l’assemblea si trovi fuori dalla chiesa, perché emerga questo segno.

Nella Liturgia della Parola, si metterà chiaramente al centro, come in ogni celebrazione dell’Eucaristia domenicale, la Parola di Dio. È scritto di usare l’Evangeliario che è diverso dal Lezionario: quest’ultimo raccoglie tutte le letture, mentre l’Evangeliario contiene solo e tutti e quattro i Vangeli, ed è simbolo di Cristo morto e Risorto, per questo è portato in processione solo da un ministro ordinato (o da un seminarista che abbia ricevuto il lettorato) e dall’altare presiede la Liturgia della Parola.

Il proposito del discepolato viene fatto dai fanciulli, dopo l’omelia, davanti all’assemblea: a tutti poi è chiesto di impegnarsi nell’accompagnare questi bambini nel loro cammino di fede, con la preghiera, la testimonianza, la cordiale accoglienza. In questo modo si ribadisce che la formazione alla vita cristiana non è una faccenda che riguarda solo i catechisti e i genitori, ma tutti i fedeli di una parrocchia.

La consegna dei Vangeli, che conclude questo momento, dice chiaramente a tutti che l’unico modo per essere discepoli di Gesù è conoscerlo per seguirlo.

La messa poi prosegue con la professione di fede e continua fino al termine come sempre.

Elide Siviero

 

Asiago L’IC in vicariato

Strada facendo una via inversa

Partire dalla testimonianza credente di una comunità ….. frutto di uomini e donne che riuniti, incontrandosi, scoprono assieme il proprio essere uguali, forti e fragili. Riscoprono la loro missione e assumono il compito di rinnovarsi verso un annuncio più missionario e più vicino alla vita della gente.

Parrocchie nel compito della nuova evangelizzazione degli adulti, stando con loro, noi stessi adulti, uomini e donne che vivono ogni giorno la Vita. Non è catechesi agli adulti, bensì assieme, con gli adulti, scoprire il “secondo annuncio” quello più vivo, più nella nostra vita quotidiana, quindi pieno di umanità e missione, con il sapore e il profumo del credente.

La missione di essere adulti, padri, madri, figli, genitori, sposati, singoli, consacrati, ciò che siamo e che è la nostra missione. Fatto nostro questo e comprendere che non siamo soli, che facciamo parte, andare alla carità, questo vorremmo arrivasse con l’IC.

Vivere assieme agli adulti che incontriamo, noi stessi adulti, l’annuncio del vangelo e assieme riappropriarcene. Vogliamo assieme camminare ed essere compagni di viaggi, trovarci nelle esperienze fondamentali della Vita che è quotidiana per ognuno di noi.

Noi stessi fruitori dell’annuncio.

Scoprire il significato del vangelo per ogni momento della Vita, nella dimensione affettiva, nel rapporto con il tempo del lavoro e il tempo della sosta, della festa, nella fragilità ma anche nella tradizione, forte importante, tanto sentita dalla gente di montagna.

Nel nostro vicariato, nel territorio della montagna, la famiglia è (per fortuna) ancora un valore molto forte, la presenza dei nonni che sono la nostra tradizione, storia, è valore forte, l’aiutarci è forte, il vivere in piccoli paesini o contrà aiuta a identificarci nella comunità, a volte chiude nella comunità. Vorremmo imparare a lavorare maggiormente assieme, in unità di passi, certo con le proprie specifiche, come parrocchia, nei consigli pastorali, nei coordinamenti, nelle comunità che diventano Unità Pastorali……unità–pastorali …….grande comunità rivivificata nella fede.

Ci sono difficoltà, incertezze, passi stanchi magari sfiduciati, c’è anche tanto entusiasmo e gioia, è cammino nuovo e a volte ancor più in territori così, fa anche un po’ timore andare verso il nuovo. Ci stiamo impegnando a essere partecipi in più, ognuno con la propria caratteristica, qualità, dote, come componenti di una famiglia, che è già comunità.

Ecco la strada che anche noi abbiamo aderito e imboccato è questa, essere comunità e trovarci, uscire testimoniare e vivere la carità. Con le referenti, le catechiste, gli accompagnatori, ci diciamo “finalmente il sentiero è stato imboccato”. Noi di montagna sappiamo che sarà anche irto e si farà fatica, nello zaino abbiamo messo provviste e mantelle per la pioggia ma anche moschettoni per restare uniti e cappellini per il sole. Gli adulti che incontriamo, che camminano con noi, ci dicono che questo sentiero è bello e nuovo, sostiamo e condividiamo la tavola, cantiamo, lodiamo, è gioia.  Ci piacerebbe che qualcuno di questi adulti sentisse la voglia l’esigenza di essere a sua volta testimone. Andiamo per tappe, la cima è la davanti a noi.

Assieme anche nei piccoli passi, con l’aiuto che riceviamo dalla Parola, coltivando Buone Relazioni.

Maela Spagnolo

coordinatrice vicariale catechesi

 

Con l’avvio del cammino di IC nel 2014, per il primo gruppo della nostra UP di Gallio, Foza, Sasso e Stoccaredo ci eravamo proposti di far seguire l’incontro genitori e figli alla Messa del sabato sera per “educarli” al vivere l’Eucarestia: benché si contassero molte presenze, ci siamo accorti però che per i bambini diventava un tempo troppo lungo da gestire, e faticavano a vivere bene l’incontro. L’anno scorso, abbiamo vissuto gli incontri per i ragazzi di lunedì ogni quindici giorni a Gallio, mentre abbiamo celebrato i Riti, assieme ai genitori, nelle altre parrocchie, per permettere di mantenere il legame con le proprie comunità cristiane.

Quest’anno oltre all’incontro quindicinale dei ragazzi, viviamo gli incontri mensili dei genitori anche con la presenza dei ragazzi, che possono così affrontare lo stesso tema dei genitori. Ci piace sempre concludere l’incontro con un momento di scambio: i ragazzi sono stimolati da questo confronto e “gustano” la chiusura della serata tra le braccia dei loro cari, che così sono ancora più motivati alla presenza.

Tra tanto entusiasmo emerge il fatto che ai bambini venga a mancare un tessuto cristiano “di base”. Si tratta di un bagaglio fatto di gesti, segni e piccole attenzioni che un tempo non s’insegnavano, semplicemente si respiravano in famiglia.

Questo non toglie una assidua e bella partecipazione da parte dei ragazzi, che rendono sempre brillanti i nostri incontri.

Le catechiste di IC dell’UP di Gallio, Foza, Sasso e Stoccaredo

La nostra Unità Pastorale di Gallio, Foza, Sasso e Stoccaredo  ha iniziato il cammino di Iniziazione Cristiana nel 2014.

Anche se la distanza tra le parrocchie, i disagi dell’inverno, l’attività turistica, non sempre facilitano gli incontri, l’entusiasmo e la gioia in questi anni non sono di certo mancati.

Negli anni la proposta è variata per andare incontro alle esigenze delle famiglie e permettere così una ampia partecipazione.

Così, mentre il primo anno gli incontri si tenevano il sabato sera, iniziando con la Messa delle 18 alla quale seguiva l’incontro genitori e figli che si concludeva con un momento conviviale, il secondo anno abbiamo spostato gli appuntamenti di domenica pomeriggio, girando di volta in volta nelle parrocchie (4) per dare modo ai genitori di partecipare più agevolmente, mentre i ragazzi frequentavano il catechismo di lunedì. Quest’anno, siamo tornati a vivere gli incontri genitori e figli, credendo nella preziosità della proposta da vivere assieme. Ci sembra che questo motivi maggiormente anche i genitori a partecipare agli incontri.

Un punto di forza molto importante è la preparazione degli incontri, che avviene trovandoci assieme alle catechiste e al nostro parroco. Diventa un momento di approfondimento delle schede proposte e di confronto, dove ognuno porta la propria esperienza di fede, che ci aiuta a preparare gli incontri tenendo conto del gruppo che seguiamo.

Gli incontri portano sempre a un bel confronto tra i genitori, che si sentono liberi di esprimersi sentendo la bellezza di poter condividere ciò che sono, alla pari degli altri. Nessuno insegna e nessuno riceve, ma insieme cresciamo alla sequela del Signore.

Non nascondiamo che, alla fine degli incontri, ci chiediamo “Cosa si porteranno a casa i genitori?”, ma al tempo stesso ci sentiamo felici di metterci tutto l’impegno possibile nel portare la nostra testimonianza di cristiani, camminando da fratelli.

Gli accompagnatori dell’IC dell’UP di Gallio, Foza, Sasso e Stoccaredo

 

Iniziazione cristiana … tra realtà e sogno

Unica preoccupazione di una comunità cristiana: generare alle fede e, poi, portarla a maturazione perché tutti divengano sapienti artisti, immagine di Cristo, per restaurare e portare a compimento il sogno capolavoro del Padre: un mondo di figli e di fratelli.

Ci stanno provando anche la mia comunità di Asiago e il nostro Vicariato a compiere questa impresa divina, iniziando i nostri ragazzi alla fede e accompagnando i genitori alla riscoperta del dono ricevuto nel Battesimo e, per molti di loro, rafforzato dal sacramento della nozze. Ci si chiede continuamente come procede il cammino. Se, grazie anche alla nuova realtà dell’Iniziazione Cristiana, sta crescendo, piano piano, in alcune famiglie e nelle persone più sensibili e attente della comunità, la consapevolezza della necessità di essere tutti nuovamente evangelizzati. Dentro ad una realtà in cui molti, la maggioranza, ha perso il sapore di Dio e dove si fa fatica a trovare cristiani capaci di trasmettere la gioia del Vangelo. Preferisco non dare una risposta affrettata. Non voglio creare né delusioni, né   alimentare facili entusiasmi. C’è in me la pazienza del contadino. Si sta seminando. La terra non dappertutto è pronta a ricevere il seme. C’è, però, anche della buona terra e ci sono persone, catechisti, accompagnatori dei genitori, operatori pastorali e famiglie, che la stanno lavorando con passione. Da noi, da soli tre anni. Dei germogli si vedono. I fanciulli vengono alla catechesi con spirito nuovo. Non si va più a scuola semplicemente per imparare i contenuti della fede, ma si partecipa ad un tempo di vita, ricco di relazioni, in cui Gesù è la relazione che tutti e tutto unisce. I catechisti, per la quasi totalità nuovi, hanno imparato subito ad inserirsi in questo contesto vitale e il sogno di comunicare il Vangelo e di far sentire i ragazzi parte della comunità è pari al loro desiderio di riscoprire la fede e il senso della loro partecipazione alla vita della parrocchia. Anche gli accompagnatori – in realtà ancora pochi e non così facili da trovare – con i genitori che hanno accolto l’invito – in numero ridotto – sono entrati nel clima nuovo e vivono bene il loro incontrarsi. Credo, però, che questa sia ancora una realtà fragile. Molti dei genitori, in particolare qui da noi, in montagna, pensano ancora che gli incontri siano un invito a ritornare a catechismo. Ed è ancora possibile che capiti, tra gli accompagnatori di sentirsi ed agire, magari senza accorgersene, da catechisti dei genitori e non come degli amici chiamati a condividere vita e fede. Anche la comunità ha molto da camminare per entrare in questa nuova mentalità e rendersi conto della responsabilità affidatale dal Signore di generare e far crescere la fede nei suoi figli.

Ritornando all’iniziazione cristiana dei nostri ragazzi, certamente un dono dello Spirito, mi rendo, però, sempre più conto che a noi manca un’autentica catechesi previa, quella battesimale, prima e dopo il conferimento del sacramento. Non riusciamo ancora a creare un’èquipe per accompagnare genitori, padrini e madrine, in un cammino che diventi innanzitutto riscoperta della loro fede e allo stesso tempo consapevolezza della loro responsabilità nel trasmetterla ai figli.

Ma non smettiamo di sognare e di crederci. Con l’aiuto del Signore… e della nostra diocesi.

don Roberto Bonomo  – parroco

 

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