PENTECOSTE

Quando penso a Gesù Cristo, mi commuove profondamente questo Dio che non ha voluto rimanere lontano nella sua perfezione, ma è sceso ad abitare la nostra umanità sbocciando nel grembo di una donna, scegliendo di condividere pienamente la nostra natura che ha conservato inconfusa ed indistinta da quella divina cosicchè ogni esperienza da Lui vissuta nella carne non ne fosse  in qualche modo condizionata.

Mi piace pensare che sia stato aiutato a diventare pienamente uomo proprio attraverso le relazioni: quelle famigliari, dove grazie gli insegnamenti di Maria e Giuseppe è cresciuto ed è diventato adulto; quelle di amicizia con Lazzaro, Marta e Maria in cui si è sentito accolto e amato e quelle intime e profonde fatte di condivisione di momenti di vita, intercorse con i suoi discepoli.

Leggendo gli ultimi capitoli dei Vangeli in cui vengono descritte le apparizioni di Gesù dopo la Risurrezione, mi colpisce il fatto di come esse diventino via via meno frequenti quasi come se il Maestro volesse abituare un po’ alla volta i Suoi all’imminente distacco.

Questo Suo modo di agire credo sia dettato dal fatto che anch’Egli, in quanto pienamente uomo, durante la sua vita terrena abbia sperimentato in prima persona l’immenso valore delle relazioni e quanto dolore provochi la rottura di un legame, – come si legge nell’episodio della morte dell’amico Lazzaro – ; o anche in altri momenti in cui è narrato come si sia lasciato toccare e commuovere dal pianto di chi ha perso una persona cara.

Alla luce di questo, mi rassicura la frase che Gesù dice ai discepoli, ma che sento rivolta anche a noi, oggi: “Vado e tornerò da voi” riportata nel cap. 14 del quarto Vangelo. Credo che con quel tornerò da voi Egli non voglia riferirsi soltanto alla Sua venuta ALLA fine dei tempi, ma intenda qualcosa di più: da quel momento in poi, il suo andarsene nella carne, sarà in verità un “venire” per tutti noi in un altro modo, un modo diverso.

Gesù, vuole consegnarci allora con queste parole una nuova concezione di “vicinanza” che non è più quella nel corpo, ma che è un essere con me, con te capace di superare il limite dello spazio e del tempo, un esserci tutti i giorni e in tutti i luoghi: un esserci nello Spirito.

Egli viene oggi dunque nella Sua Chiesa, nella vita di ciascuno di noi attraverso il Suo Spirito.

Mi piace pensare allora a questa terza persona della Trinità, così misteriosa e che fatichiamo anche solo ad immaginare, come a Colui che racchiude in sé l’ essenza, il profumo del Cristo, e che ci fa entrare in Comunione intima con lui, che ci fa accorgere che Lui è qui, che è con noi, che è vicino.

È come quando, dopo aver accarezzato il volto di una persona che ho salutato e a cui voglio bene, mi capita di toccarmi il viso e di sentire ancora impresso nelle dita il profumo della crema o del dopo barba che indossava quel giorno: questo mi fa sorridere e me la fa sentire ancora vicina, come se fosse ancora presente.

È lo Spirito quindi, essenza del Risorto, che ci svela la presenza del Maestro salito nella barca della nostra vita nei momenti in cui il mare è in tempesta.

È Lui che mi ha fatto sentire la presenza di Gesù, seduto accanto a me, mentre mi stringeva in un caldo e rassicurante abbraccio, quella notte in cui aspettavo nella sala di aspetto della rianimazione di avere notizie di mio marito vittima di un grave incidente…

È Lui che condivide i miei pesi prendendo “l’altro manico della borsa”, quando sento troppo pesante il carico che devo portare; è Lui che mi aiuta ad orientare le mie scelte verso il bene e mi ispira le cose giuste da fare o da dire per sanare una ferita del cuore, mia o di chi mi sta accanto; ed è Lui che prepara il mio cuore come un talamo, aprendolo all’incontro con il Signore.

È un ospite discreto e delicato, che basta poco a contristare, ma che se accolto, ha il potere di trasfigurare la nostra vita togliendo via la polvere di miserie e meschinità dal nostro volto perché traspaia sempre più l’immagine e la somiglianza con il Creatore.

La Pentecoste, quindi, ci rivela qual è il progetto di Dio sulla sua Sposa, la Chiesa, che siamo noi: Comunità di persone, in virtù dello Spirito Santo, consacrate ad essere di Dio, totalmente sue, ma contestualmente chiamate ad “essere per” cioè ad esserci ma non per sé stesse, ma in missione per gli altri.

Essere cristiani vuol dire essere di Cristo, uomini impregnati della Sua essenza e che diventano Sua Rivelazione: uomini cioè che profumano di vita vera, vita piena che nessuna morte può annientare.

 

Buon Cammino, insieme!

 

Alessandra Cipolotti

 

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