Finalmente siamo giunti a concludere, almeno formalmente, il cammino dell’iniziazione cristiana dei bambini e ragazzi, offrendo la guida che andrà a sostenere l’accompagnamento del quarto tempo, denominato Tempo della Fraternità.
Il Tempo della Fraternità è un tempo che, per analogia con il catecumenato, a cui si ispira tutto il cammino diocesano di iniziazione cristiana, è rapportabile alla mistagogia.
Nella mistagogia si accompagna l’iniziato a riconoscere l’agire salvifico di Gesù Cristo che si realizza e si dona, in senso reale e personale, entro la celebrazione stessa dei Sacramenti.
Tutto ciò chiama in causa la comunità. Questo tempo infatti è caratterizzato dall’organicità tra catechesi, liturgia e carità, nonché da una stretta relazione tra il “neofita” e la comunità. Se nel tempo del Discepolato il rapporto con la comunità è stato solo accennato, ora si realizza una collocazione comunitaria a pieno titolo: il ragazzo, dopo aver ricevuto la Cresima e l’Eucaristia, viene sempre più reso partecipe della vita della comunità.
Così si comprende anche la scelta di chiamare questo tempo: Tempo della Fraternità: lo scopo è quello di evidenziare che si tratta di anni importanti nel corso dei quali i ragazzi entrano in contatto con la comunità cristiana, più ampia rispetto al gruppo, una comunità che non abbandona i ragazzi e le ragazze, ma, anzi, se ne faccia carico in un passaggio alquanto delicato della loro vita.
Il termine fraternità, poi, ricorda ciò che è decisivo per i ragazzi di questa età: il gruppo dei coetanei e degli amici, che diventa il luogo caldo degli incontri e delle relazioni in cui far crescere e sperimentare rapporti fraterni, resi tali dall’amore stesso di Gesù.
Nel tempo della preadolescenza i ragazzi hanno bisogno di fiducia e di apprezzamento, vogliono esser riconosciuti per nome e come unici, per essere coinvolti attivamente chiedono relazioni importanti, hanno il bisogno di essere accompagnati, rivendicano la presenza di persone significative, di punti di riferimento centrali per le loro vite.
Se avvicinati così, i preadolescenti diventano non un problema o un peso per la comunità, ma un’opportunità di crescita, uno stimolo a cambiare il modo di relazionarsi, una possibilità per vivere il Vangelo in modo più radicale.
Giorgio Bezze
Una guida di aiuto a catechisti ed educatori
di GB
L’ultimo tempo del cammino di iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi ha un nome bello e importante: Tempo della Fraternità.
Bello perché ci ricorda l’essenza della nostra fede: siamo infatti fratelli di Cristo e fratelli tra di noi, importante perché invita ciascuna comunità a non abbandonare i ragazzi in una fase delicata della loro crescita, ma ad aver cura di loro e a introdurli sempre più nella Chiesa perché facciano una vera esperienza di fraternità.
Per sostenere il tempo della Fraternità è stata predisposta anche una guida ad uso di quanti, catechisti ed educatori, accompagneranno i preadolescenti. La guida è suddivisa in tre parti che prendono il nome da alcuni strumenti per il viaggio: Bussola, Mappa e Stradario. La Bussola come per i viaggiatori permette di orientarsi, cosi nella guida essa presenta i principi fondamentali, l’orizzonte, su cui si inserisce il quarto tempo: il cammino di Iniziazione cristiana con le tre dimensioni fondamentali (annuncio, liturgia e carità), i soggetti i preadolescenti e gli accompagnatori, gli obiettivi e i contenuti, la presenza dei genitori, il rapporto con le associazioni e la progettazione. La Mappa invece presenta i temi generatori cioè quegli aspetti che toccano la vita del preadolescente, accompagnati da domande vitali. I temi tratteggiano il desiderio di vita piena del preadolescente, e richiamano in chiave esistenziale i sacramenti appena celebrati: Penitenza, Cresima ed Eucaristia. Nella Mappa ci sta l’identità (chi sono?), il corpo (perché cambio?), gli amici/il gruppo (chi è mio amico?), le scelte (posso decidere io?), il futuro (cosa mi piacerebbe fare e chi vorrei essere?), il credere (a quale Dio posso affidarmi?), il cibo (cosa mi nutre?), gratuità (posso donarmi anch’io?), la fragilità (ce la farò a rialzarmi?) il comunicare (come farmi capire e come capire gli altri?), gli affetti (cosa provo?), il gioco (cosa mi appassiona?). Infine lo Stradario, la parte più pratica, in cui vengono proposte alcune esemplificazioni di attività che si possono vivere con il gruppo dei ragazzi. Esse sono suggerimenti che ogni équipe di accompagnatori può far proprie o riadattare alle esigenze e possibilità del gruppo.
Ma la cosa forse più nuova della guida è rappresentata da due aspetti. Il primo è il metodo, cioè le indicazioni per poter accompagnare i ragazzi nel loro cammino mistagogico. La guida infatti non si limita a offrire solo le proposte di esperienze concrete, ma propone alcuni passaggi metodologici che ogni equipe educativa potrà mettere in atto per costruire un’esperienza che sia il più aderente possibile alla vita dei ragazzi. Ogni equipe dopo aver invocato lo Spirito nella preghiera, dovrà individuare dalla Mappa un tema generatore, da questo e dai suoi numerosi significati (nuvola di parole) formulare una domanda che tocca la vita dei ragazzi, infine elaborare un’esperienza che sia di risposta alla domanda. Il secondo aspetto innovativo è espresso dal soggetto che accompagna i ragazzi. Infatti non c’è più solo il catechista, accanto a lui si propone la figura di un educatore giovane e, dove è possibile, anche altri operatori pastorali segno concreto della cura di tutta la comunità cristiana.
È tuttavia da ricordare che nessuna guida o sussidio potrà mai sostituire la relazione educativa tra catechista/educatore e ragazzo che per prima determina l’efficacia della proposta e della crescita nella fede dei preadolescenti. Ma questa va costruita con pazienza, fiducia e passione giorno per giorno.
Testimoni della fede.
Ogni novità porta inizialmente a momenti di smarrimento. Quando, anni fa, nella nostra parrocchia, abbiamo iniziato a parlare di un nuovo cammino di Iniziazione Cristiana, avevamo tante perplessità, ma capivamo anche che c’era il bisogno di un cambiamento di rotta. Oggi, arrivati al quarto anno, terza tappa del Primo Discepolato, possiamo dire che questo nuovo cammino è stata la risposta a un desiderio che noi catechisti abbiamo maturato negli anni: avere la possibilità di vivere relazioni non solo con i ragazzi, ma anche con le loro famiglie, per poter costruire insieme la nostra comunità, piccola porzione di Chiesa. Il “cate-scuola-babysitteraggio” non poteva più continuare: era giusto scuotere, risvegliare i genitori, le famiglie, la comunità tutta e far emergere un impegno condiviso, per la trasmissione della fede. Un cammino non semplice, a tratti tortuoso, con un traguardo ben definito: incontrare e far incontrare Gesù, ma soprattutto quello innamorarsi e far innamorare i ragazzi di lui! La sorpresa di questo cammino? Appunto, la riscoperta del Vangelo, nella sua essenzialità. Riscoprire non solo come catechisti, ma soprattutto come adulti, il Vangelo: meditarlo, farlo proprio per poterlo raccontare e per non essere più “maestri” di catechismo ma testimoni della fede. Fino a qualche anno fa, pensare che un incontro di catechismo girasse tutto intorno all’“abc” della fede e vedere quelle piccole manine che, curiose, sfogliano questo “libricino” pur non capendoci praticamente niente, non era nemmeno immaginabile… Oggi, leggere il Vangelo è il più bel gioco, la più bella attività. E poi, noi catechisti, come i nonni o le mamme di una volta, pazientemente ad insegnare a fare il segno della Croce e le preghiere, il Padre nostro, l’Ave Maria, l’Eterno Riposo… questo sconosciuto. Sicuramente, questo nuovo cammino ci ha chiesto di impegnarci di più, di rafforzare le nostre relazioni e di collaborare maggiormente, preparandoci in équipe su un percorso uguale per tutti, perché ora quello che facciamo noi con i nostri ragazzi è condiviso in tutte le parrocchie della Diocesi.
(Non sempre, tuttavia, riusciamo a capire se il nostro cammino sta andando bene. Può succedere che a qualche incontro ti senti sconfitto, perché non sei riuscito a fare o dire quello che ti eri preparato o a creare un clima giusto.
Capita poi che la disattenzione di qualche ragazzino poco interessato ci metta davvero in discussione. Può capitare, anche, che parlare di Gesù dia l’impressione di essere una perdita di tempo, soprattutto quando ti accorgi che quasi tutti partecipano agli incontri di catechismo, ma non alla Messa domenicale, e ti rammarica il fatto che spesso i ragazzi non vengono non perché non vogliono, ma perché alla celebrazione viene data poca importanza. Tutto questo ci scoraggia, ma poi capitano anche cose che ti emozionano e ti ripagano di tutto, come quando in occasione della consegna del Vangelo, una bambina ha detto ai genitori che quello era il suo libro ed ha cominciato a leggerlo, e poi, a Messa l’ha portato con sé e ha cercato il brano del Vangelo per poterselo leggere. Oppure, alla prima celebrazione penitenziale, alcuni bambini hanno detto alle catechiste: “Ci siamo emozionati quando siamo andati a toccare il crocifisso e dietro l’altare, vicini al nostro don, abbiamo letto il nostro impegno”. Sono loro che, nella semplicità, aprono gli occhi a noi adulti e ci fanno capire che l’amore di Gesù non passa attraverso una lezione di teologia, ma con la nostra testimonianza.)
Noi catechisti, assieme ai genitori, in un nuovo cammino, per dare testimonianza della nostra fede, per consegnarla in eredità ai nostri ragazzi, per imparare a vivere i sacramenti e non più solo a riceverli.
Un primo bilancio, quindi, dopo quattro anni è sicuramente positivo. Un cammino di I.C., ricevuto in dono, che ci dà la possibilità di intraprendere un vero percorso di fede, ognuno con la propria storia, dal punto in cui si era fermato, incrociando quello dei nostri ragazzi e, con il tempo, anche quello degli educatori di AC e di tutti gli operatori pastorali della parrocchia, perché questo è il senso della comunità, ma soprattutto di Chiesa come la vuole Gesù!
Katy Stefanello, catechista della parrocchia di S. Giacomo apostolo in Caselle de’ Ruffi
ACCOMPAGNARE é CAMMINARE INSIEME.
Ricordo lo stato d’animo di noi 4 accompagnatori quando tornavamo dai corsi di Fellette nella primavera del 2013, eravamo sinceramente preoccupati. La frase ricorrente era: – “non saremo mai in grado”, invece poi con l’aiuto delle guide pratiche predisposte dalla Diocesi, dopo ore passate cercando di capire come organizzare gli incontri e soprattutto con il lavoro di equipe, siamo partiti nell’ottobre del 2013.
L’anno seguente ci siamo divisi, chi ha iniziato con la prima evangelizzazione e chi con il primo discepolato. Nel 2015 abbiamo trovato la disponibilità di una coppia di genitori che si sono preparati per accompagnare il loro gruppo, cosi anche per il gruppo che è partito nel 2016.
Le attività dei bambini sono state affidate a catechiste, alcune delle quali giungevano dal metodo tradizionale, e per gli incontri del primo anno collaborano anche con gli animatori ACR.
Non è stato sempre tutto facile, soprattutto preparare gli incontri, poiché noi per primi dovevamo “entrare in argomento” per riuscire poi a trasmettere qualcosa ai genitori, riuscire ad essere testimoni e guide credibili. La partecipazione ai corsi aiuta a comprendere il metodo e come organizzare un incontro, ma sono necessari anche preparazione e approfondimento. Si cresce nella fede insieme ai genitori che si accompagnano. La poca partecipazione agli incontri a volte ancora ci scoraggia, ma stiamo imparando ad accettare anche questo.
Nell’autunno del 2016, dieci persone hanno partecipato ai corsi di formazione per accompagnatori, chi per iniziare, alcuni per approfondire il ruolo che già occupavano, altri in previsione di una collaborazione futura. Ciò in una comunità piccola come la nostra è stato un segnale di fiducia verso la novità, di consapevolezza che era necessario cambiare qualcosa nei metodi e che l’educazione alla fede deve partire dalle famiglie. Noi accompagnatori ci mettiamo serenamente e umilmente a disposizione delle famiglie. Offriamo loro l’opportunità di riscoprire, rafforzare o rivedere il loro essere Cristiani, affinché possano essere a loro volta delle valide guide per i loro figli.
Paola Brugnolaro, gruppo accompagnatori, parrocchia di San Michele Arcangelo
Insieme verso una scelta libera e personale
Il Vicariato di Villanova di Camposampiero è una realtà formata da dieci parrocchie e tutte hanno iniziato il percorso dell’I.C. con la consapevolezza che era necessario un cambiamento rispetto al vecchio modo di fare catechismo, con timore di fronte ad una nuova sfida ma anche con l’entusiasmo di sapere che era un percorso che si andava a fare insieme. In questo tempo i catechisti delle parrocchie del nostro Vicariato hanno avuto la sola priorità quella di condividere la nuova proposta diocesana dell’Iniziazione Cristiana. Un percorso non senza difficoltà ed incertezze ma sostenuti dalla Chiesa: “Non scoraggiatevi anche se il cammino si presenta faticoso e potrà accusare delle battute d’arresto, ma siate determinati e convinti ad accogliere queste istanze di rinnovamento”.
Abbiamo percorso passo per passo quanto suggerito dalla nuova proposta diocesana e sempre in sintonia con l’Ufficio Catechistico. Tutte le comunità stanno vivendo le varie tappe del cammino attenendosi il più possibile alle indicazioni dei riti dell’I.C., riscontrando ancora la difficoltà di coinvolgere nelle celebrazioni la comunità parrocchiale. Il nostro impegno è: camminare il più possibile insieme, anche se si riscontrano ancora delle resistenze e silenzi. Ma in molte comunità è nata una collaborazione responsabile e fattiva con gli animatori dell’A.C.R. Utile è la presenza in ogni parrocchia dei referenti dei catechisti che si incontrano periodicamente per confrontarsi sul cammino, sulle proposte, i progressi. Siamo consapevoli della necessità di continuare nella formazione, che ci aiuti sempre più a saper “cambiare mentalità” e comprendere che abbiamo bisogno di “meno cose e più relazioni”.
Nonostante le soggettive difficoltà, perplessità per il nuovo impianto e soprattutto nell’individuare persone disposte a diventare accompagnatori degli adulti, in tutte le parrocchie sono presenti gli accompagnatori genitori e quasi tutti hanno partecipato ai corsi di formazione.
Siamo consapevoli che stiamo vivendo un passaggio difficile ma necessario perchè ora più che mai la fede richiede una scelta libera e personale con un percorso adeguato ed a riguardo abbiamo caratterizzato il nostro impegno con due atteggiamenti – umiltà e audacia – che ci aiuti ad avere il coraggio di rischiare, uscire, cambiare sempre ripartendo da Cristo.
Rosanna Bertacche – coordinatrice vicariale dei catechisti
Il Vicario Foraneo
Quando dico all’assemblea domenicale le parole “Iniziazione Cristiana” non vedo più le facce stupite di qualche anno fa, di fronte a chi sente parole tecniche usate da esperti. Il termine è “entrato” nelle nostre comunità. Certo qualche volta si sente dire che da qualche anno la diocesi di Padova fa “IC”: questo diventa occasione per ricordare che questa è la missione della Chiesa da sempre. Cambia è il modo, il contesto per incontrare la realtà. E da qualche anno a Padova, qualcosa è cambiato.
Il nostro vicariato, con tempi e passi diversi, ha accolto la nuova proposta, tra entusiasmi ma anche perplessità e resistenze. Oggi mi sembra di osservare che ci sono dei punti di forza, come sicuramente l’aver valorizzato i laici accompagnatori, l’importanza del ruolo delle famiglie, le tappe liturgiche, la centralità della Pasqua. Guardando alle tante realtà e gruppi, alcuni stanno facendo dei bei percorsi, si incontrano volentieri; altri fanno più fatica e vivono ancora gli incontri come “la tassa da pagare per il sacramento”. Il rischio è pensare che sia solo cambiato il modo di far catechismo. Sappiamo che non è una strategia per far tornare tutti in parrocchia, ma il desiderio di comunicare la fede con semplicità e verità. Di fronte alle fatiche siamo chiamati a riflettere ancora su come migliorare il nostro atteggiamento di accoglienza.
Forse un punto che fatica ancora ad essere recepito è la centralità della comunità che educa alla fede. Certo i consigli pastorali hanno sostenuto la proposta, ma ancora -generalmente-, l’educazione alla fede per molti è “lavoro dei catechisti”.
In ogni caso, credo che il grande valore di questa proposta venga dalla comunione con cui la si porta avanti, che è forse la prima testimonianza che siamo chiamati a dare.
don Mattia Bezze